Di fronte all’aggravarsi della crisi libica e alle conseguenze che questa ha sui migranti in fuga dal Paese nordafricano, anziché ripristinae Mare nostrum l’Italia preferisce prendere tempo. Archiviata per ora ogni velleità interventista, ieri il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha scritto all’Unione europea chiedendo maggiori finanziamenti e più mezzi aeronavali per controllare il Mediterraneo e in particolare per rafforzare Triton. «E’ più che mai necessario che l’Ue risponda in maniera adeguata, incrementando solidarietà e condivisione di responsabilità a livello europeo», ha scritto il titolare della Farnesina in una lettera indirizzata all’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Federica Mogherini, al vicepresidente della commissione europea Frans Timmermans e agli altri sei commissari europei che il prossimo 4 marzo si riuniranno per discutere di immigrazione. Riunione voluta dalla Mogherini all’indomani dell’ultima strage di Lampedusa, e che sulla carta dovrebbe decidere se e come cambiare Triton, la missione europea che ha sostituito Mare nostrum e rivelatasi un fallimento.
Il problema è che l’aggravarsi della crisi nel Paese nordafricano e l’avanzata dei fondamentalisti dell’Isis richiederebbero interventi più tempestivi. I migranti vengono accatastati in capannoni alla periferia di Tripoli dai trafficanti di uomini, che decidono quando farli partire verso l’Europa. Un flusso continuo che rischia di provocare nuove stragi, come dimostrano i barconi carichi di uomini, donne e bambini che continuano ad affollare il Canale di Sicilia anche quando le condizioni del tempo non lo permetterebbero. Dopo i 2.225 salvati domenica scorsa dalle motovedette dalla Guardia costiera coordinate dal Centro nazionale di soccorso di Roma, ieri in diverse operazioni ne sono stati tratti in salvo altri 1.088 divisi tra Pozzallo, Trapani e Lampedusa. Altri 265 sono stati invece recuperati dalla nave Fiorillo della Guardia costiera e arriveranno in Italia stamattina.
Un susseguirisi di sbarchi che ha fatto scattare l’allarme al Viminale e convinto il ministro Alfano a convocare un vertice per discutere della nuova emergenza legata all’alto numero di arrivi e per un esame della situazione libica. La situazione, almeno per quant riguarda la possibilità d accoglienza, al momento sembra essere sotto controllo. «Per ora il sitema regge», spiegano al Viminale.«Il problema è vedere cosa accadrà nei prossimi giorni e se gli arrivi continueranno ad aumentare». Per questo dal ministero sono state allertate tutte le prefetture, specie quelle del Nord, perché con i comuni reperiscano altri posti letto. Si calcola che sull’altra sponda del Mediterraneo ci siano almeno 600 mila profughi che cercano di fuggire dalla guerra. Se anche una piccola parte questi dovesse essere imbarcati dai trafficanti, l’impatto, sia dal punto di vista logistico che per quanto riguarda l’opinione pubblica, potrebbe essere difficile da gestire.
Ma l’incongnita non riguarda solo i profughi. Ad allarmare il Viminale c’è acnhe quanto accaduto domenica pomeriggio nel canale di Sicilia, quando un gommone con cinque uomini armati di kalasnikov hanno fronteggiato l’equipaggio di una motovedetta della Guardia costiera al termine di un’operazione di soccorso riprendendosi il gommone sul quale avevano viaggiato i migranti, Un fatto inedito, perché finora gli scafisti erano semrpe scappati davanti alle nostre navi, reso ancora più grave dal fatto che i criminali hanno sparato contro l’equipaggio, che non ha risposto al fuoco. «I nostri mezzi, a seconda della missione, hanno a bordo delle armi. Ma cosa sarebbe accaduto se avessimo usato quelle in dotazione? Quant rischi avremmo corso?», ha spiegato ieri l’ammiraglio Felice Angrisano, comandante delle capitanerie di porto. «Avevamo l’esigenza che non solo il nostro equipaggio, ma le 200 persone appena soccorse non corressero alcun rischio. Ecco perché le armi sono rimaste all’interno della motovedetta». In ogni caso, ha concluso l’ammiraglio, il nostro compito è di continuare a tentare di salvare vite in mare e questo continueremo a fare».