Le destre alzano i decibel, promettono battaglia contro la proroga dello stato di emergenza fino a fine anno annunciata venerdì scorso dal premier Conte con un sorprendente – ma non troppo – eccesso di disinvoltura a margini di una conferenza stampa in cui si parlava di altro: “A colpi di Dpcm il governo in questi mesi ha esteso di fatto l’esercizio dei propri poteri e il Parlamento è arretrato nell’esercizio dei suoi.

Un vulnus che non dovrà ripetersi in caso di prolungamento dello stato d’emergenza, a cui noi siamo comunque fermamente contrari”, annuncia la presidente dei senatori forzisti Anna Maria Bernini. Le opposizioni parlano di ’pieni poteri’ (quelli che in realtà aveva chiesto Matteo Salvini un’estate fa), avvertono che non consentiranno la sospensione dei diritti costituzionali neanche per una pandemia (che in larga parte considerano passata, se mai davvero avvenuta). Fanno audaci paragoni con il premier ungherese Victor Orbán, in realtà amico dei nazionalisti italiani.

COMUNQUE NON SARÀ una passeggiata di salute, per il premier Conte e la sua maggioranza. Che già si sistema in trincea. “Il Pd è pronto a sostenere qualsiasi scelta del governo utile a contenere la pandemia” spiega in mattinata il segretario Pd Nicola Zingaretti, “Chi nel mondo non lo ha fatto sta pagando un prezzo drammatico”. Una scelta senza condizioni, la sua, gemella di quella annunciata dal reggente 5s Vito Crimi. Giudicata eccessiva da buona parte dei dem. Che però per lo più preferisce tacere, o comunque evitare qualsiasi tono polemico, vista la fragile tenuta del governo. Qualche imbarazzo in realtà affiora.

Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al senato, su Huffington Post parla di “una proroga di natura preventiva. Non c’è alcun segnale di una nuova ondata, ma se purtroppo ci colpisse, servono gli stessi strumenti e la stessa velocità che abbiamo avuto a marzo”, purché stavolta però la proroga abbia un perimetro “ben delineato”. Del resto nessuno scienziato (serio) esclude una ripresa importante dei focolai. Il deputato e costituzionalista Stefano Ceccanti accoglie favorevolmente l’intenzione del premier di andare in parlamento “prima dell’eventuale proroga dello stato di emergenza per spiegarne motivi e modalità, oltre che per ricevere indirizzi delle Camere nella fisiologia di un sistema parlamentare di una democrazia consolidata” e indica già un primo momento di confronto quello che ci sarà martedì con il ministro della salute Speranza in entrambe le camere.

Un momento “in origine pensato solo per illustrare gli intenti fino al 31 luglio” da cui “senza sminuire in nulla il decisivo intervento successivo del presidente del Consiglio, è lecito attendersi già alcuni primi chiarimenti sugli indirizzi che stanno maturando nell’esecutivo per la fase successiva”. Nella maggioranza però c’è chi la mette giù più dura. Il deputato di Leu Stefano Fassina avverte che il confronto con il ministro, peraltro compagno di lista, non basta: “Sui rischi per la salute l’affidabilità del ministro Speranza è provata sul campo. Ma la dichiarazione dello stato di emergenza non può essere semplicemente oggetto di un’informativa del presidente del Consiglio alle Camere. Non siamo, come a fine gennaio scorso, di fronte a un evento improvviso e ignoto nella sua portata, nelle sue caratteristiche e nelle sue conseguenze”.

SUL DIBATTITO CON SPERANZA si consuma quella a prima vista sembra una gaffe della presidente del senato Casellati. In quell’occasione, spiega al Tg5, si può procedere a un voto sulla proroga dello stato di emergenza: “Sia l’inizio di una democrazia compiuta perché in parlamento e al senato siamo ormai gli invisibili della Costituzione”. In realtà martedì il provvedimento ancora non ci sarà, a meno che il governo non compia un atto formale nel consiglio dei ministri previsto per lunedì.

E se anche un confronto preventivo con il parlamento potrebbe essere persino auspicabile, è difficile che possa sostituirsi a un confronto con il premier. A stretto giro arriva comunque la smentita di Palazzo Chigi: martedì non si voterà la proroga ma le mozioni sulle comunicazioni del ministro sul nuovo dpcm che prorogaa sua volta le norme anti-Covid in scadenza. Lo stato d’emergenza invece sarà prorogato prima del 31 luglio – la scadenza -, con una delibera in cdm su cui sarà il premier Conte a riferire alle Camere.

NON SARÀ COMUNQUE una passeggiata. Anche per una maggioranza consapevole che “la scelta tecnica” della proproga (cosa l’ha definita il Nazareno) ha pericolose implicazioni costituzionali. Con troppa “faciloneria” il presidente Conte parla di stato di emergenza, “che in una democrazia liberale è uno stato di eccezione, a ruota libera e in mezzo a una strada”, avvertono i radicali Maurizio Turco e Irene Testa, “Lo stato di emergenza non si preannuncia ma si dibatte in parlamento. Preannunciare iniziative per vedere l’effetto che fa, specie se gravi come la dichiarazione dello Stato di emergenza, è il segno che non si ha senso dello Stato”.