La legge 40 sulla Procreazione medicalmente assistita torna oggi davanti alla Corte costituzionale che dovrà pronunciarsi sulla penultima delle proibizioni ancora in vigore: il divieto di ricerca sugli embrioni non più impiantabili. Se la Consulta dovesse dichiarare incostituzionale anche questa limitazione, dopo essere intervenuta per ben altre quattro volte contro la legge del 2004 smantellata poi pezzo per pezzo dai tribunali italiani e dalla Corte europea dei diritti umani, dell’icona degli ultrà pro-life rimarrà in piedi solo il divieto di accesso alla fecondazione assistita per single e coppie omosessuali.

Il governo Renzi non solo si è opposto, tramite l’avvocatura dello Stato, alla questione di costituzionalità sollevata nel 2012 dal Tribunale di Firenze su istanza dell’associazione Vox – Osservatorio italiano sui Diritti e di una coppia che avrebbe voluto donare i propri embrioni sovrannumerari alla ricerca scientifica applicata alla patologia genetica che la riguardava, rappresentata dagli avvocati Gianni Baldini e Filomena Gallo dell’associazione Luca Coscioni. Ma l’esecutivo è intervenuto anche per impedire la testimonianza degli scienziati (tra i quali anche la senatrice a vita Elena Cattaneo) chiamati a descrivere davanti ai giudici costituzionalisti l’importanza di questo filone di ricerca.

In particolare, secondo l’avvocata di Stato Gabriella Palmieri, la Consulta non può avviare un’attività istruttoria ascoltando il parere della comunità scientifica perché lo avrebbe già fatto il parlamento. Si tratterebbe in sostanza di «una questione di politica e di tecnica legislativa» che «compete esclusivamente al legislatore». In difesa del divieto, l’avvocatura dello Stato aggiunge anche la tutela dell’embrione «quale entità che ha in sé la vita». Un argomento al quale i ricorrenti rispondono sostenendo che «la dignità dell’embrione è assai più tutelata se esso ha un ruolo di rilevante utilità per la salute individuale e collettiva e per la vita di tutte le persone».

Michele De Luca, direttore del Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” e docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che potrebbe essere ascoltato oggi dalla Consulta qualora i giudici rigettassero l’opposizione dell’avvocatura dello Stato, spiega al manifesto l’irragionevolezza di questo divieto: «Innanzitutto è importante non limitare la libertà di ricerca su un campo nuovo che sta interessando gran parte del mondo scientifico. Si tenga presente che si tratta di cellule staminali embrionali, non individui. Inoltre, cosa forse ancora più importante, in giro per il mondo è già in fase avanzata la sperimentazione clinica con tessuti derivati da cellule staminali embrionali per patologie gravi che non hanno alternative terapeutiche. Il nostro Paese, che ha una storia importante nella medicina rigenerativa con le staminali, dovrebbe avere la libertà di ricercare come gli altri, per non rimanere indietro. E poi – conclude De Luca – è decisamente ipocrita vietare di utilizzare le nostre blastocisti sovrannumerarie mentre possiamo importare le cellule staminali embrionali derivanti da blastocisti prodotte all’estero, come peraltro avviene per gli studi della professoressa Cattaneo».

Il governo Renzi-Alfano però non vuole nemmeno che questo tipo di argomentazioni arrivino davanti alla Consulta. Una presa di posizione che cade – denuncia il tesoriere dell’associazione Coscioni, Marco Cappato, presidente di Radicali italiani – nell’indifferenza della quasi totalità del mondo politico e mediatico. «Persino coloro che con noi raccolsero le firme sui referendum abrogativi della legge 40 (uno dei quali puntava proprio ad abolire il divieto che sarà discusso dalla Consulta) – aggiunge Cappato – oggi non trovano nemmeno il tempo per una presa di posizione. Voglio ricordare che i Democratici di Sinistra, per volontà dell’allora Segretario Piero Fassino, si mobilitarono (pur se con un certo ritardo) sulla raccolta firme e sulla campagna elettorale per il sì. Oggi molti di loro continuano a ricoprire importanti incarichi istituzionali. La domanda è: che fine hanno fatto?».