La scossa da 6.4 gradi di magnitudo avvenuto ieri mattina a sud-est di Zagabria, in Croazia, ha fatto tremare anche tutta la costa adriatica e molti sono ripiombati gli incubi della sequenza sismica avvenuta tra il 2016 e il 2017 sull’Appennino, o della botta che, nel novembre del 2019, ha colpito Durazzo.

Emanuele Tondi, professore di Geografia Strutturale dell’Università di Camerino e responsabile della sede locale dell’Ingv, è una delle voci italiane più autorevoli in tema di terremoti.

Non è il primo terremoto di forte entità che si registra in Croazia negli ultimi tempi. Si può parlare di situazione standard per quelle zone?

Si tratta di zone ad alta pericolosità sismica, notoriamente. Dopo i terremoti dello scorso marzo ci sono stati ieri (lunedì, nda) due eventi sismici di magnitudo 4.8 e 5.2 che hanno dato inizio alla sequenza sismica (foreshock) precedendo l’evento distruttivo di magnitudo 6.4. Ora possiamo solo sperare che l’ultima sia stata il mainshock, la scossa principale. La faglia che si trova in Croazia è di natura trascorrente, il che vuol dire che i blocchi si spostano in maniera orizzontale, dello stesso tipo della più nota Faglia di Sant’Andrea in California. I terremoti del 2016 sull’Appennino, in Italia, sono stati generati da faglie diverse, caratterizzate da un movimento di tipo verticale.

La scossa è stata avvertita più o meno su tutta la costa adriatica italiana e e segnalata anche Napoli. Come mai?

Non è raro che un terremoto di questa entità si avverta anche a centinaia di chilometri di distanza. La magnitudo registrata era di carattere medio-forte: in Italia si sono percepite le onde superficiali, quelle che danno un caratteristico movimento ondulatorio.

Per precauzione, in Slovenia è stata chiusa una centrale nucleare di Krsko.

Dovrebbe essere una prassi dettata dalle regole in caso di calamità naturali. Anche in Italia, dopo un evento sismico di una certa magnitudo-soglia si bloccano i treni lungo le reti ferroviarie e varie altre strutture del genere. Ci sono dei programmi di sicurezza ben studiati, poi si fanno gli accertamenti del caso.

Qualche ora dopo il sisma in Croazia ci sono stati due terremoti nel veronese, in nord Italia. C’è correlazione?

Sì, poche ore dopo l’evento croato è iniziata una sequenza sismica nel Veronese, con l’evento maggiore, per ora, di magnitudo 4.8. L’aumento dello sforzo tettonico e le sollecitazioni generate dal terremoto in Croazia possono innescare altri eventi sismici in aree anche distanti e non si può escludere una correlazione. La sequenza veronese ricade nell’area epicentrale di uno dei più forti terremoti mai avvenuti in Italia settentrionale, quello del 1117 di magnitudo stimata 6.5. Sono più di 900 anni che la grande faglia che generò quel terremoto sta accumulando energia. Per questo motivo, a mio avviso, quella zona è decisamente più pericolosa di quanto emerga dalle carte ufficiali che, per il modello utilizzato, mostrano una pericolosità molto bassa.