«Siamo sinceri, la possibilità di una riassegnazione della sede dell’Ema a Milano non sono altissime, ma dobbiamo provarci», dice Giuseppe Sala. Dietro le parole del sindaco c’è di sicuro un po’ di scaramanzia ma anche la consapevolezza che la partita per portare nel capoluogo lombardo la sede dell’Agenzia europea per il farmaco non è semplice ma comunque vale la pena giocarla. «Ho chiamato Gentiloni e gli ho detto che è il momento di essere aggressivi, facciamolo, proviamoci, fino in fondo», dice.

Invito raccolto da palazzo Chigi. Poco prima della passata mezzanotte – termine ultimo per presentare le eventuali contestazioni – due ricorsi sono partiti alla volta della Corte di giustizia europea per chiedere di rivedere l’assegnazione della sede dell’Ema. Uno del governo, in cui l’Avvocatura dello Stato chiede alla Corte di verificare se la decisione su Amsterdam non sia da considerarsi viziata da informazioni incomplete sulla sede della agenzia. E uno congiunto del Comune di Milano e della regione Lombardia.

Dietro le carte bollate c’è l’ammissione da parte olandese di non riuscire a mantenere l’impegno preso a suo tempo durante l’esame delle candidature, ovvero di riuscire a dare una nuova sede all’agenzia entro il 30 marzo del 2019, quando l’Ema dovrà lasciare Londra a Brexit ormai fatta. Su questo punto Sala colpisce duro, fino ad accusare le autorità olandesi di aver «giocato sporco». «Quando hanno presentato la loro proposta probabilmente erano consapevoli che non sarebbero stati pronti. Quindi non hanno giocato molto pulito», attacca il sindaco.
Ad Amsterdam intanto non ci stanno a stare a sentire gli italiani che gli danno degli incapaci senza reagire. Così dopo l’imbarazzo seguito alle dichiarazioni del direttore dell’Ema Guido Rasi, che lunedì ha reso pubblica l’inadeguatezza delle sede proposta dalle autorità olandesi – ieri è partito il contrattacco. Politico, ma anche mediatico. «L’Italia si mostra un cattivo perdente» è il titolo scelto dal Telegraaf per un articolo sulla vicenda. Al ministro della Salute Bruno Bruins spetta invece il compito di difendere l’operato del suo Paese: «Il processo che ha portato alla decisione sulla nuova sede è stato giusto e onesto», spiega. «Stiamo facendo il massimo per assicurare un rapido trasferimento ad Amsterdam. Attueremo quanto previsto dall’offerta in stretta collaborazione con l’Ema per assicurare la continuità operativa».

Una cosa comunque è fin troppo chiara già da adesso. Quello su quale città debba ospitare la sede dell’Agenzia per il farmaco – con l’indotto di 1,7 miliardi di euro l’anno che si porta appresso insieme ai 3.000 nuovi posti di lavoro stimati – è uno scontro solo tra Italia e Olanda in cui l’Unione europea si limiterà a fare da spettatrice. La Commissione europea ha infatti preso le distanze da quanto accade, scaricando tutto sul Consiglio Ue. «Noi abbiamo fatto il nostro lavoro», ha spiegato ieri il portavoce della Commissione, Margaritis Schinas. «Abbiamo prodotto su richiesta degli Stati membri un’analisi forense, molto dettagliata, sul trasferimento delle due agenzie» che hanno base a Londra (oltre all’Ema, l’Autorità bancaria europea). Relazione, ha concluso Schinas, che è servita ai «27 Stati membri a prendere la decisione».

Ieri sera la facciata del Pirellone, destinato a diventare la sede dell’Agenzia se il capoluogo lombardo dovesse spuntarla, si è illuminata con la scritta «Ema a Milano», ulteriore conferma che la battaglia per l’Agenzia è davvero cominciata.