Si chiamano Comunità del cambiamento e il nome, già da solo, spiega molte cose: si tratta di progetti che coinvolgono più soggetti e non una singola impresa e che puntano a innescare un cambiamento tangibile per quanto riguarda produzione, trasformazione, distribuzione e consumo del cibo. In che modo? Generando una ricchezza condivisa, intesa non soltanto dal punto di vista economico ma anche sociale, ambientale (le attività devono insomma concorrere a tutelare il suolo e il paesaggio) e della salute. Slow Food, che da più di trent’anni fa di sostenibilità e inclusione i cardini del suo impegno per un cibo buono, pulito e giusto, ha creato un fondo con cui intende finanziare 100 di questi progetti, distribuiti su tutto il territorio nazionale.

Il primo è appena stato presentato: a Partinico, una trentina di chilometri a sud-ovest di Palermo, due cooperative hanno avviato un progetto di riqualificazione di un terreno di poco più di cinque ettari proveniente dalla confisca alla mafia. Una parte di quest’area diventerà una food forest che ospiterà circa 1500 alberi tra olivi, frassini da manna, avocadi, agrumi, noci, e poi ci saranno un giardino mediterraneo, un’area orticola, uno spazio destinato a querce, corbezzoli, ginestre, rose canine, mirti e biancospini, piante che rappresentano risorse alimentari per le api. Nella prima Comunità del cambiamento di Slow Food, insomma, si farà certamente agricoltura, ma non solo: il progetto ha una forte impronta sociale, perché in tutte le fasi della filiera produttiva saranno coinvolte persone svantaggiate. Entrambe le cooperative partecipanti, quella agricola Valdibella e quella sociale NoE (No Emarginazione), hanno esperienza in ambito di inclusione: la prima, fin dal 1998, ha lavorato con minori in affidamento giudiziario; la seconda vanta un altrettanto lunga esperienza con persone portatrici di handicap.

E poi c’è un altro aspetto: è la volontà di costruire una filiera agricola etica e indipendente dalle logiche della grande distribuzione e dei grandi mercati. Per usare le parole di Massimiliano Solano, presidente di Valdibella, l’idea è di coinvolgere «solamente produttori e consumatori, questi ultimi non solo nella fase di acquisto ma anche nelle decisioni che riguardano la produzione. Insieme decideremo cosa e quanto coltivare, evitando gli sprechi». Si tratta di diventare co-produttori invece di consumatori, come suggeriva Petrini. Il cambiamento richiede collaborazione: le cento realtà che Slow Food intende sostenere nei prossimi mesi costituiranno una vera e propria rete affinché possano rappresentare esempi di buone pratiche replicabili. Secondo Slow Food, l’auspicato cambiamento nel settore agroalimentare italiano passa però anche dal coinvolgimento diretto di soggetti e realtà che non hanno direttamente a che fare con la terra: per questa ragione, chiunque può contribuire e sostenere economicamente le Comunità del cambiamento. I privati possono farlo donando il 5xmille alla Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus; le aziende, le istituzioni e le fondazioni aderendo al fondo predisposto: nel caso di Valdibella-NoE, lo ha fatto FPT Industrial, marchio del gruppo CNH Industrial che progetta, produce e commercializza motori industriali.