Le opposizioni applaudono per ventiquattrore consecutive, dalla tv e dalla rete arrivano numeri stellari. E dire che lo stile del discorso di fine anno del presidente Sergio Mattarella, il suo quarto ma il primo dell’era gialloverde, è quello di sempre: pacato, a tratti pacatissimo, senza cambi di tono e con un eterno sorriso mite. Ma le parole, scelte con certosina (e democristiana) attenzione, disegnano un’Italia agli antipodi di quella raccontata dalle grancasse e dai fiati del governo e della maggioranza. A dispetto del ricercato understatement ieri pomeriggio i contatti twitter del profilo del Colle esondavano sopra quota tre milioni. «Un dato incredibile» per l’analista del settore Pietro Raffa. Anche per le tv che lo hanno trasmesso in diretta lunedì sera alle 20 e 30, per poco più di 16 minuti, il bilancio è ottimo: Rai, Mediaset, La7 e Sky hanno registrato complessivamente 10 milioni 525 telespettatori. Lo scorso anno erano stati 9 milioni 700. Cifre che riducono alla figuraccia le «twitter star» di governo: la diretta fb dalle montagne di Bormio del vicepremier Matteo Salvini raccoglie appena 464.031 visualizzazioni. Va malissimo anche a Beppe Grillo, che di nuovo aveva scelto lo ’scontro diretto’ con il Colle con la controprogrammazione in contemporanea del suo comizio dal blog: 36.552 gli account collegati.

Con un sorriso disarmante il presidente attacca ricordando che quella degli auguri di San Silvestro è un’antica tradizione inaugurata da Luigi Einaudi nel 1949. Una scelta comunicativa antica e artigianale, dunque, in confronto ai guru della rete. Ma dopo qualche minuto su twitter l’hashtag #Mattarella seppellisce tutti gli altri.

IL DISCORSO DEL RESTO, a dispetto del tono conciliante e dell’espressione serena, è durissimo. Mattarella pronuncia subito la parola «comunità» e spiega che «la sicurezza parte da un ambiente in cui tutti si sentono rispettati e rispettano le regole del bene comune». Parole sante, che però a suo tempo non gli hanno impedito di varare un decreto di marca salviniana che parte da presupposti muscolari e opposti.
MA IL CAPOLAVORO arriva quando con finta innocenza Mattarella compie una lunga rivendicazione del vituperato «buonismo». Non bisogna avere paura, dice, «di manifestare buoni sentimenti, quelli di chi si impegna a fare giorno per giorno il proprio dovere». No alle «tasse sulla bontà», dice, con evidente riferimento al raddoppiamento delle imposte al volontariato e alle realtà «che meritano il sostegno delle istituzioni». È un provvedimento che però già il governo ha promesso di cambiare a stretto giro.

ED È ANCORA SALVINI il bersaglio della critica agli «ultrà travestiti da tifosi». Il riferimento è la recente morte di Daniele Belardinelli, ma non si possono dimenticare le altrettanto recenti immagini del vicepresidente al raduno degli ultras milanisti (che salutò con la frase: «Io indagato fra indagati»). Poi c’è il passaggio sulle divise delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco «simbolo delle istituzioni al servizio di una comunità, un patrimonio da salvaguardare perché appartiene a tutti i cittadini»: e anche in questo caso impossibile non farsi venire in mente le numerose divise che il ministro sfoggia come fossero capi di abbigliamento qualsiasi, come le consuete felpe griffate con i nomi delle regioni e delle città. Ed è ancora l’autore della stretta sull’accoglienza che viene in mente quando Mattarella fa gli auguri «ai 5 milioni di immigrati che vivono, lavorano e praticano sport nel nostro paese». Anche in questo caso però il provvedimento è già legge e i porti italiani ormai sono di fatto chiusi alle navi delle Ong, sistematicamente prese a male parole.

RESTA INVECE DELUSO chi si aspettava una parola forte sull’inedita procedura accelerata dell’approvazione della manovra, su cui pende anche un giudizio della Consulta il prossimo 9 gennaio. Mattarella parla di «grande compressione dell’esame parlamentare» ma la presenta come amara necessità per evitare la procedura di infrazione da parte dell’Unione, e auspica «l’attenta verifica dei contenuti del provvedimento». Che però è legge, ormai, promulgata dal Colle in un baleno.

LE OPPOSIZIONI COMUNQUE applaudono. Per Nicola Zingaretti, candidato segretario Pd, «ha dato voce alle speranze migliori dell’Italia ricordando a tutti che non è con l’odio che si garantisce il futuro». Applausi anche da Forza Italia, che con Mattarella ha solo di recente recuperato un rapporto fluido: «Il richiamo al senso di comunità ricorda a tutti noi i doveri e i privilegi della democrazia», dice Mara Carfagna. Discorso «equilibrato e ampiamente condivisibile» anche per Giorgia Meloni. Complimenti di rito anche dal presidente Conte e dal vice Di Maio. Per una volta Salvini evita la polemica e finge di non capire: «Condivido le riflessioni del presidente e le faccio mie, col lavoro che ho già fatto e quello che farò nei prossimi mesi». Sembra una risposta alla Totò, del tipo «io non sono Pasquale».