Cory Barlog veterano dei Santa Monica Studio, l’uomo che ha diretto God of War con tanta perizia e passione, ha risposto ad alcune nostre domande.

Come mai, dopo quella ellenica, avete scelto proprio la mitologia ellenica per trapiantarvi Kratos?

Quando abbiamo deciso di proseguire l’epopea di Kratos abbiamo cominciato a fare ricerche e a studiare i miti di tutto il pianeta. Era la nostra volontà iniziale quella di un cambiamento della mitologia di riferimento, perché dalle origini del progetto era chiaro che avremmo voluto narrare la storia di una trasformazione. Alla fine siamo giunti alla conclusione che erano due le mitologie che più ci interessavano, quella egiziana e quella norrena. C’era metà del team di sviluppo che lavorava su una e metà sull’altra. Ha prevalso quella norrena, soprattutto perché ci affascinavano molto le possibilità offerte dai panorami e dalle ambientazioni nordiche. Inoltre il mito norreno è assai più distante da quello greco. Kratos ha causato la caduta degli dei dell’Olimpo, aveva davvero bisogno di allontanarsi il più possibile da quelle terre. E la lettura dell’Edda mi sedusse definitivamente, con la sua ricchezza di storie e suggestioni. C’è anche una sorta di umorismo nero in questi miti norreni che mi piacque e mi convinse.

Oltre che l’Edda antica avete anche lavorato su quelle che sono le riscritture più importanti di questi miti, come i Nibelungen di Fritz Lang e il Ring di Wagner?

Non sono state punti di riferimento importanti ma le abbiamo studiate, perché è curioso che la mitologia norrena, a causa di riletture, versioni differenti e traduzioni sia spesso ricca di contrasti, soprattutto per quanto riguarda l’interpretazione dei personaggi che tendono a essere diversi a seconda dei testi o delle opere che ne trattano. Ci interessava arrivare all’anima di questi personaggi, capire quale fosse per noi la versione più genuina, quella della delle origini.

Ci può dire qualcosa del nome Atreus, il figlio di Kratos? E’ un nome che non ha nulla di nordico ma risale addirittura agli “atridi”, la famiglia di Agamennone, quindi è davvero un nome greco.

E’ un’ottima domanda! In verità nel gioco troverete una risposta e sarà Atreus stesso a domandare l’origine del suo nome al padre. Sarà una storia interessante!

Ci può dire qualcosa della musica? E’ ovviamente molto diversa da quella della saga ellenica.

Era importante che la musica contribuisse anch’essa a ricreare un mondo nuovo, con il suo tono e i suoi timbri. Sono stato molto fortunato a conoscere Bear McCreary, un grande compositore e un uomo fantastico. E’ bastato un breve incontro per capirci a vicenda e per intuire che condividevamo una stessa visione. Mi è sempre piaciuto il suo lavoro, sono un suo fan da molto tempo, e mi sono fidato completamente di lui. Mi aspettavo qualcosa di grande ma si è superato, consegnandomi una partitura che era dieci volte quella che supponevo sarebbe stata! Credo che la sua musica abbia settato un nuovo livello di qualità per le colonne sonore di un videogame.

Lei è un padre. Questa realtà è stata importante durante lo sviluppo di God of War?

Molto. Non solo per me ma per tanti altri membri dei Santa Monica Studio. Abbiamo lavorato al primo God of War e siamo cresciuti, molti di noi hanno una famiglia e abbiamo attraversato tutti insieme questo fondamentale momento di transizione tra giovinezza e maturità. Molte esperienze vissute durante il nostro essere genitori le abbiamo trasferite nel gioco.