Gli Ella Goda, già dal nome, sono una band all’esordio che vuole distinguersi. Ci riesce? A tratti e con un pop nemmeno troppo nuovo, spinto dallo sferragliare di chitarra e da una voce fresca ma anche attirando su di sé il brit e gli anni ’70 italiani col cantautorato. Come raramente capita riescono però a fuggire dalla morsa evocativa, si aprono le acque e arrivano nelle sponde della terra di Canaan con testi e melodie imprevedibili – tecnica e irruenza dicono loro – che vanno oltre al siparietto dei ritornelli. Può sembrare esagerato disturbare la Bibbia ma pare sempre più impensabile innovare o disertare da quei colossal musicali che hanno, mattoncino dopo mattoncino, tirato su le piramidi del pop. Una via nel mar Rosso i bergamaschi Ella Goda sembra l’abbiano trovata, ma siamo solo agli inizi e, per citare un loro brano, ne sono consapevoli: «Non sai che cosa rischiamo/Ossa e sangue, ossa e sangue/E poi che cosa rischiamo?».