Il successo dei romanzi che raccontano epopee famigliari sta nell’empatia che lo scrittore o scrittrice riesce a stabilire con chi legge, tenendolo legato – volume dopo volume – alle sue storie. È ciò che è capitato all’inglese Elizabeth Jane Howard, autrice de La saga dei Cazalet, pubblicata in Italia da Fazi Editore. Il 20 aprile sono usciti il quarto capitolo della serie – Allontanarsi, (pp. 650, euro 10,00) e, sempre per Fazi, un’intensa biografia, Elizabeth Jane Howard. Un’innocenza pericolosa (pp. 450, euro 18,50) firmata da Artemis Cooper.

LA SAGA DEI CAZALET, che in Inghilterra è stata pubblicata per intero – in tutto cinque volumi – ha riscosso un tale successo da convincere i produttori di Downtown Abbey a farne una serie tv. Le vicende di questa famiglia della borghesia inglese del dopoguerra sono il capolavoro autoriale di Elizabeth Jane Howard. In questa biografia, Artemis Cooper fa un ritratto puntuale e critico dell’autrice, indagando nelle contraddizioni di una delle migliori penne del Novecento inglese.

L’uscita del quarto volume della saga e della biografia accende un faro su Elizabeth Jane Howard, amata dal pubblico ma solo di recente consacrata dalla critica. Cosa ha causato questo scetticismo?
Secondo Jane, nell’epoca in cui uscirono i suoi romanzi (anni ‘80/’90) c’era un pregiudizio da parte dell’establishment letterario, allora molto schierato a sinistra: le storie di grandi famiglie – che vivevano in belle case e conducevano vite borghesi – non erano degne di essere prese seriamente. Potrebbe esserci una parte di verità in questo, ma le cose sono cambiate; gli anni della guerra di cui Jane parla sono lontani e questa distanza rende più facile focalizzarsi sui pregi delle storie.

Raccontare una donna come lei è un’enorme responsabilità. Qual è stata la cosa più difficile di questa biografia?
Jane era una figura complessa; ho esplorato tutte le sue contraddizioni, ma temevo di confondere il lettore. Era una donna forte, intelligente, pratica, eppure sempre alla mercé delle sue fantasie romantiche; una femminista convinta, e al tempo stesso più che sensibile alle adulazioni di qualsiasi uomo la amasse o la ammirasse. Era orgogliosa del suo lavoro e di quello che aveva ottenuto ma apparteneva ancora alla generazione che guardava gli uomini come fossero dèi. Spesso ho pensato che il suo corpo e la sua mente la trascinassero in direzioni diverse.

La scelta di raccontare una saga famigliare ha a che fare con la sua vita sentimentale turbolenta?
Tre matrimoni dolorosi e una serie di relazioni che l’hanno fatta soffrire molto – questa era la sua vita. In un certo senso i suoi libri sono stati un tentativo di fare chiarezza dentro se stessa. Nello scrivere Jane era così lucida sull’amore, sul tradimento e su ciò che uomini e donne si fanno a vicenda. Com’è possibile che qualcuno con una visione così acuta faccia errori così catastrofici nella sua vita amorosa? E non solo una o due volte, ma più e più volte. Naturalmente era proprio questo suo lato passionale e spericolato a renderla tanto brava nel raccontare storie.

Per questo la sua biografia si intitola «Innocenza pericolosa»?
Ebbe tre mariti, per tutti Jane divenne una specie di femme fatale. Eppure si considerava una donna ingenua in cerca d’amore. Non si sentì mai davvero in colpa per i danni che causò: molti dei suoi uomini erano sposati. Ed è per questo che la sua era un’innocenza pericolosa. L’amore s’impossessava di lei; le forniva una scusa per comportarsi male.

Cosa ha reso la saga dei Cazalet così apprezzata dal pubblico, tanto da farne una serie?
I romanzi sui Cazalet non sono solo letture godibili, sono anche tecnicamente riusciti: Jane ha saputo gestire un cast enorme per un lungo periodo di tempo, intrecciando le vicende dei personaggi le une con le altre. Ciò lo rende perfetto per la tv: la gente ama essere coinvolta in complessi drammi familiari che si sviluppano nel corso di diverse stagioni. Guardi il successo di Downton Abbey!

Al di là del fatto che siano un’opera quasi unica, c’è una caratteristica che accomuna i cinque capitoli?
Il filo conduttore è lo spiccato senso della famiglia che accomuna tutti i personaggi. Ma è una famiglia che fatica a stare al passo coi tempi: gli uomini Cazalet non sono abbastanza ambiziosi da investire seriamente nel business del legname, vogliono solo mantenere il loro stile di vita agiato. Per questo sono condannati a restare indietro.

Ha avuto modo di conoscere Elizabeth Jane Howard di persona. C’è qualcosa che avrebbe voluto chiederle ma non lo hai mai fatto?
Una cosa adorabile di Jane era che potevi chiederle di tutto. Qualsiasi cosa. Ha sempre mostrato un grande interesse per l’intero processo biografico. Mi ha messo in contatto con tutti i suoi vecchi amici, la sua famiglia, i suoi editori. Persino la sua psicoterapeuta, che non avrebbe mai parlato con me se Jane non glielo avesse chiesto e permesso. Quindi no, non c’è nulla che avrei voluto chiederle di più.