La legge di Bilancio ieri si è alleggerita di oltre 2 mila emendamenti, che non hanno superato il vaglio dell’ammissibilità. Tra le maglie del primo controllo è rimasto bloccato circa un terzo delle 5.865 proposte di modifica presentate in commissione Bilancio della Camera la scorsa settimana. L’abolizione dei vitalizi, il processo breve e la riforma della governance dell’Inps sono alcune delle misure stoppate, perché ritenute di carattere ordinamentale. Inammissibile anche l’emendamento che proponeva un incremento delle sanzioni per l’uso del telefonino alla guida dei mezzi e l’obbligo di un seggiolino «intelligente» per evitare l’abbandono dei bambini, mentre sono passate le proposte per aumentare l’indennità di licenziamento da 4 mesi a 8 mesi e per ridurre la durata massima dei contratti a termine dagli attuali 36 mesi a 24.

Niente da fare anche per le misure che puntavano a introdurre lo ius soli via emendamento in manovra. La proposta di Liberi e Uguali è infatti stata giudicata inammissibile.

Quanto al tema dei contratti a termine, e all’emendamento che dovrebbe ridurre da 36 a 24 il tetto massimo prima che scatti un indeterminato, il dibattito è ovviamente ancora aperto. La misura dovrebbe correggere – solo parzialmente – la liberalizzazione introdotta dal decreto Poletti, primo atto del Jobs Act. Ieri Chiara Gribaudo, del Pd, ha ribadito che la proposta è sul piatto.

«Il recupero occupazionale portato dalle riforme dei governi Renzi e Gentiloni è stato eccezionale, con un saldo positivo di 916 mila posizioni fra 2013 e 2016 – ha notato Gribaudo commentando l’ultimo rapporto Istat, presentato ieri – Invece, i punti su cui lavorare sono sotto gli occhi di tutti: i contratti a termine hanno raggiunto il massimo storico di 2,7 milioni di unità e la disoccupazione giovanile è ancora distante dai numeri pre-crisi. La legge di Bilancio contiene sgravi per le assunzioni stabili degli under 29 e under 35, ma presentiamo alcuni emendamenti affinché non siano esclusi i dottorandi di ricerca, e soprattutto per ridurre il tempo massimo dei contratti a tempo determinato da 36 a 24 mesi».

Più cauti sia il ministro del Lavoro Giuliano Poletti che il consigliere economico di Palazzo Chigi, Marco Leonardi: «Vedremo», hanno commentato entrambi, non escludendo a priori una possibile riforma.

Più difficile la vita dell’emendamento a firma di Cesare Damiano sul raddoppio delle indennità previste in caso di licenziamenti. Il deputato Pd è riuscito a far passare la sua proposta nella Commissione da lui stesso presieduta – la Lavoro – ma perché lì i renziani sono in minoranza. Alla Bilancio i differenti equilibri potrebbero invece farla cassare.

La norma, ideata per replicare in qualche modo alle campagne per il ripristino dell’articolo 18 – dilagate dalla Cgil alla sinistra e ultimamente diventate tema dei Cinquestelle – risponderebbe anche a un problema più specifico legato agli ammortizzatori sociali: oggi licenziare costa a una impresa meno di attivare la cassa integrazione, e quindi rendendo più alti gli indennizzi si punterebbe a risolvere l’anomalia.

Ritenuti inammissibili anche gli emendamenti sulla governance di Inps e Inail. Si era tentato di restringere il campo, presentando una proposta limitata solo alla riforma dei cda, ma senza successo.