Si prospetta uno scenario ucraino ancora più vicino all’Europa centrale? Le premesse pare ci siano tutte. Le elezioni parlamentari che si tengono oggi in Moldavia, già da tempo sono state presentate come un vero e proprio «referendum sulla politica estera» e proprio al conflitto (dagli anni ’90 solo ibernato) nella parte orientale del paese, la Transnistria, a popolazione in maggioranza russofona, fanno spesso riferimento i vari interlocutori della crisi ucraina. La divisione sostanziale tra «eurointegristi» e non è stata acuita dall’esclusione dalla competizione di «Patria», il più forte partito contrario all’adesione alla Ue, con il suo leader, Renato Usaty, di origine russa, che si è rifugiato a Mosca per sfuggire all’arresto. Anzi, proprio la questione di un finanziamento russo, pare abbia costituito l’appiglio per l’esclusione di «Patria», confermata ieri dalla Corte suprema. I procedimenti penali nei confronti degli appartenenti al movimento antifascista «Antifa», per un ipotetico tentativo di colpo di stato, e la dichiarazione di anticostituzionalità dei movimenti contrari all’integrazione alla Ue completano il quadro della democrazia europeista moldava.

Comunque, pare che nessuno dei partiti che dovrebbero superare la barriera del 6%, sia in grado di assicurarsi, da solo, la maggioranza parlamentare. Tra gli europeisti: il partito liberal-democratico di Moldova, il partito democratico di Moldova e il partito liberale. I primi due, sotto pressione Ue, hanno finora formato (a denti stretti) la coalizione di governo; il terzo, per guadagnare tempo, si pronuncia già anche per l’adesione alla Nato. Tre sarebbero stati anche (fino all’esclusione di «Patria») i partiti di opposizione a poter entrare in parlamento: il Partito dei comunisti della Repubblica di Moldova, capeggiato dall’ex presidente Vladimir Voronin e il Partito socialista. Entrambi categoricamente contrari all’adesione alla Nato, molto critici verso la collaborazione dell’attuale governo con la Ue e favorevoli all’integrazione euroasiatica.

Secondo l’agenzia Tass, l’esclusione di «Patria» testimonia la debolezza della coalizione di governo, data per perdente. A parere dell’ambasciatore Usa a Kishinev, William Moser, gli attuali partiti di governo potrebbero anche andare a una coalizione coi comunisti (i cui rapporti con Mosca pare non siano particolarmente buoni), pur di conservare il potere e tentare di andare avanti sulla strada aperta nel giugno scorso con l’accordo di associazione alla Ue e, a settembre, allorché era stata definita la zona di libero scambio con l’Ue.

Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, già a ottobre, aveva detto di sostenere il diritto della Transnistria alla separazione, se Kishinev non rispetterà il proprio status di nazione fuori dai blocchi, neutrale politicamente e militarmente, come era stato concordato all’epoca della regolazione della crisi tra il governo centrale e Tiraspol.