Smentisce i rimpatri dei profughi in Italia che hanno fatto arrabbiare Matteo Salvini, mentre prova a schivare i colpi dei dirigenti della Csu che lo accusano di aver prosciugato i voti del partito crollato al 33% nei sondaggi.

In Germania, come al vertice di Lione, il ministro dell’interno Horst Seehofer si trincera dietro al muro di parole destinato a reggere ancora pochi giorni. Domenica in Baviera si aprono le urne che decidono il suo futuro personale, il destino del monopolio politico dei cristiano-sociali a Monaco, insieme alla sorte della cancelliera Angela Merkel che da Berlino attenderà l’esito dell’ennesimo «referendum» sulla sua politica.

«Qualcuno ha parlato di voli diretti verso l’Italia ma l’informazione non era corretta: non esiste un piano del genere» spiega Soeren Schmidt, portavoce di Seehofer, incaricato di trasmettere come il ministro federale ieri impegnato in Francia «non è preoccupato delle relazioni con Roma». Del resto, l’accordo temporaneo con il governo Conte basato sul rimpatrio di 50 «dublinanti» al mese scade ben dopo le elezioni di domenica. E al di là di qualunque convergenza con Salvini la questione si ridiscute davvero da lunedì quando sarà chiaro se la Csu avrà superato il 40% o se al contrario si aprirà l’incubo della coalizione o, peggio, dell’opposizione, dato che Verdi, Spd e Linke sono già il governo alternativo nei sondaggi. Vorrebbe dire fine del controllo della frontiera bavarese dove passano i migranti e si devono costruire i centri di transito previsti nel masterplan di Seehofer.

In attesa del voto, «molla» il leader Csu perfino il suo segretario di Stato, Stephan Mayer, passato con il principale nemico interno. «Sono d’accordo con il governatore della Baviera Markus Söder: l’immagine del governo federale deve essere migliorata di molto».

Basta a far comprendere l’isolamento di Seehofer costretto a difendersi pubblicamente sulla Süddeutsche Zeitung: «Non ho interferito con la campagna elettorale che resta una prerogativa di Söder e sui respingimenti dei rifugiati alla frontiera eravamo d’accordo fino ad agosto».