La grande stampa, i sondaggisti, e la maggior parte delle forze politiche stanno leggendo le amministrative in funzione delle elezioni nazionali prossime venture. I 5Stelle innanzitutto, che in alcune situazioni hanno azzerato e sconfessato i quadri emersi dall’ultima tornata delle amministrative, in nome della fedeltà al leader maximo e al progetto di governo pentastellato.

Nella destra al di là delle unità di facciata, la lotta è durissima fra le diverse componenti e ha per posta il peso specifico che ciascuna di esse avrà nelle liste nazionali. Il Pd oscilla fra la costruzione di compagini moderate che imbarcano molte componenti delle destre locali e alleanze di centro sinistra. Ma anche in quest’ultimo caso con conflitti interni alle coalizioni che hanno per posta i posizionamenti nazionali.

A Genova ad esempio ci saranno due chiusure della campagna elettorale. Una con Bersani e Pisapia, l’altra del Pd renziano. In mezzo il candidato sindaco grato ad entrambi.

Si conferma una tradizione perversa che intende le elezioni amministrative come elezioni di serie B, che rispecchia del resto una situazione di città sempre più impoverite dalle politiche di tagli ai bilanci locali, la conseguenza più nefasta delle politiche di austherity. È di questi giorni la denuncia dell’Anci della morosità per 6 miliardi e mezzo del governo centrale nei confronti dei comuni per il mancato finanziamento del Fondo di solidarietà e del mancato rimborso dei tagli alle imposte locali decise da Renzi a spese delle Amministrazioni locali e dei servizi che sono in grado di erogare ai cittadini.

Sinistra Italiana ha approcciato queste amministrative cercando di ribaltare questa logica. È nelle città che si proiettano in maniera tangibile le storture e le iniquità della crisi e dello stesso ciclo di crescita che abbiamo alle spalle, ed è nelle città che si organizzano le forze che possono contrastare la deriva a cui portano l’ideologia e le pratiche del neoliberismo. Per una forza di sinistra che voglia radicarsi nel popolo le città, da punto terminale di una catena del potere che parte dai dominatori della finanza e delle reti, passa per l’Europa dell’austherity, e dagli Stati nazionali, devono diventare il punto di partenza di una economia diversa che parta, come ha detto Bergoglio all’Ilva di Genova, dai volti delle persone, e non dai numeri di un’economia astratta che i volti li nasconde e li ignora.

C’è chi ha cominciato a farlo, come De Magistris a Napoli che ha consapevolmente violato il patto di stabilità per far funzionare le scuole materne. E la Corte Costituzionale, con una sentenza esemplare, a proposito di una disputa sul trasporto di bambini disabili fra la Provincia di Pescara e la Regione Abruzzo, ha stabilito che «è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione».  A chi pensava, votando l’art. 81 della Costituzione, su questo punto infaustamente riformata, di subordinare i diritti ai vincoli di bilancio la Corte Costituzionale ha risposto rimettendo al primo posto l’articolo 3 della Carta, quello che invita lo Stato, in tutte le sue articolazioni, a rimuovere le cause che impediscono ai più poveri e ai più deboli di partecipare pienamente alla vita politica e sociale. Collaborare alla costruzione della rete delle città disubbidienti è un compito fondamentale che la sinistra deve assumersi, ed è un modo concreto per riprendere la lotta per dare piena attuazione alla Costituzione che abbiamo difeso.

Questa difesa dell’autonomia delle città, che è condizione essenziale per la partecipazione democratica, hanno cominciato a promuoverla una fitta rete di organizzazioni di civismo democratico, diverse tra loro ma unite nel respingere il neocentralismo renziano che svuota di potere e di risorse i luoghi dove i cittadini possono fa sentire la propria voce. A questo civismo democratico Sinistra Italiana ha guardato per posizionarsi nelle città dove si vota. Non come a un’aggiunta agli schieramenti politici strutturati secondo le logiche della politica nazionale, ma come punto di partenza di una nuova stagione politica delle città a cui abbiamo portato il nostro contributo, senza pretese di primogenitura o di egemonia.

L’abbiamo fatto a Verona, a Padova, in tutte le città della Liguria dove si va al voto, e in tante altre città del centro Italia e del Mezzogiorno. Quasi sempre con i compagni di Possibile, il più delle volte anche con Rifondazione, qualche volta, quando ha saputo sganciarsi dalla formula del centro sinistra come alfa e omega delle politica di alleanze, anche con i compagni di Articolo 1. E siamo convinti che questa alleanza fra la sinistra e il civismo democratico è la risorsa più preziosa per costruire l’unità della sinistra a livello nazionale, per evitare di inchiodarci alla contrapposizione fra governisti senza governo e rivoluzionari senza rivoluzione.