Può accadere a volte, nella mia ancora inesausta propaganda a favore dello spostamento personale con la bicicletta, che io appaia agli altri una sorta di esagitato, un fanatico monotematico con risvolti patologici che in qualsiasi condizione faccia di tutto per riportare la discussione sull’argomento «bici». Questa, me ne rendo conto, è una di quelle volte, perché parlerò delle elezioni – peraltro drammatiche – appena trascorse.
Anticipo che non si tratta di una valutazione dei programmi di questa o quella formazione partitica ma di una ministoria personale.

Vivo a Roma ma sono residente in un piccolo paese della provincia di Messina, per motivi essenzialmente sentimentali legati alla casa e alle mie ascendenze, che sono etnee e quindi altrove ma comunque isolane.
Negli ultimi anni ho votato solo ai referendum e, essendo quella referendaria una circoscrizione unica, ho usato l’escamotage di farmi nominare rappresentante di lista per poter votare nel luogo di domicilio. L’ultima volta che ho votato alle politiche era nel 2006 (sempre in Sicilia), e stavolta ho scelto di andare a votare.

Per arrivare a casa mia laggiù devo prendere un treno notturno da casa mia quassù e poi coprire i 9 km dalla stazione più vicina. Nessun problema, prendo la pieghevole e la ficco sotto la cuccetta, che ho sempre cura di prenotare bassa.

Succede che, in questa tornata, anche una mia amica di adolescenza aveva deciso di andare a votare. Lei ha una situazione simile alla mia: vive a Palermo ed è residente sempre dalle parti in cui sono residente io. Veniamo a conoscenza delle nostre rispettive intenzioni su Facebook, e ci viene l’idea di organizzare una cena tra amici la sera prima delle elezioni: grigliate, vino rosso, chiacchiere. Si prepara insomma una bella serata. Che però a un certo punto crolla improvvisamente. «Non posso venire, ho rotto oggi la frizione della macchina», dice.

Irrilevante, ribatto: prendi il treno, che ti viene anche più comodo (meno di tre ore di viaggio). Non posso, ho il cane, dice lei. Insomma la cena salta, lei non vota, a me la cena non salta affatto e vado l’indomani a votare.

E’ stato abbastanza inutile insistere nel mostrare la possibilità di viaggiare, cane incluso, con la combinata treno più bici, con cestino per il cane. Conosco diverse persone che portano il loro amico senza favella in questo modo. Niente da fare.

Lei, naturalmente, è cresciuta diversamente da me e non posso legittimamente pretendere che all’improvviso si trasformi in una critical masser con Graziella e cestino grande. Però penso con affetto a quanto del, come dire, senso d’avventura in viaggi anche brevi si sia perso nel corso degli anni.
Prendere il treno con la bici e il cane, leggere in viaggio o semplicemente guardare il bel panorama della costa nord sicula, veder salire e scendere persone, magari scambiare quattro chiacchiere, scendere dal treno e – fortunata lei – in assenza di bici e cestino prendere la navetta che collega la stazione alla sua cittadina. Tutto negato dall’organo monocratico di spostamento, senza il quale nulla si può fare perché la popolazione italiana, semplicemente, si è abituata così.

Peccato per il convivio, però insomma: io da Roma sono arrivato al seggio, lei da Palermo no. Bici ancora una volta 1 e auto zero.