La vicenda Electrolux, con la proposta choc di dimezzamento dei salari, ha creato talmente tante polemiche (e paure), che ieri mattina, intorno alle 10, la multinazionale svedese si è sentita in dovere di diffondere una nota «di rassicurazione». In cui afferma che «i salari non verranno dimezzati, ma subiranno un taglio di 130 euro». Certo la nota non ha contribuito a calmare gli operai, che ieri in tutti i 4 stabilimenti italiani si sono riuniti in assemblea, decidendo un calendario fitto di scioperi. Ma intanto il governo si muove: il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato, già contestato proprio su questa vertenza dalla governatrice friulana (e renziana) Debora Serracchiani, ha convocato per oggi a Roma tutte le parti in causa, annunciando che «Porcia non chiuderà». Questo, perlomeno, è l’auspicio dell’esecutivo.

La proposta avanzata da Electrolux ai sindacati «prevede una riduzione di tre euro all’ora. In termini di salario netto questo equivale a circa l’8% di riduzione, ovvero a meno 130 euro mese», scrive l’azienda nel suo comunicato. Nel corso dell’incontro di lunedì a Mestre «è stata anche avanzata l’ipotesi – prosegue la nota – di raffreddare l’effetto inflattivo del costo del lavoro, responsabile del continuo accrescere del gap competitivo con i paesi dell’est Europa, attraverso il congelamento per un triennio degli incrementi del contratto collettivo nazionale di lavoro e degli scatti di anzianità. Ovviamente l’azienda ha dato piena e ovvia apertura a considerare altre forme di riduzione del costo del lavoro con minori o, se possibile, nulle conseguenze sui salari». Nel comunicato si spiega inoltre che «il regime di 6 ore assunto come base per tutti i piani industriali è da considerarsi con applicazione della solidarietà, come da accordi sottoscritti e dei quali si auspica il prossimo rinnovo».

Insomma, il quadro sarebbe meno fosco e “scandaloso” di quello tracciato dai sindacati e dai media. Ma, come detto, i sindacati per il momento vogliono vedere tutte le carte della multinazionale, e soprattutto – a parte la proposta di tagliare più o meno i salari (loro si augurerebbero per nulla) – intendono capire come gli “asfittici” piani industriali presentati dall’azienda si possano modificare. Electrolux, finora, ha infatti lasciato in sospeso il destino di Porcia (Pordenone) facendo capire implicitamente che lo stabilimento è a rischio se non accetterà forti tagli di costo e un recupero della produttività; nel contempo, non sono rosee (seppure siano previsti degli investimenti) le prospettive degli altri tre stabilimenti, appesi a commesse sempre più magre visto che il gruppo svedese guarda sempre più a est (Polonia e Ungheria in particolare).

Zanonato, convocando l’incontro al ministero dello Sviluppo (a cui parteciperà anche la presidenza del consiglio, a testimonianza dell’importanza presa dalla vertenza, su cui adesso il governo mette la faccia), ha assicurato che lo stabilimento di Porcia, quello che sembrava più a rischio, «non chiuderà» e che una via d’uscita è «certamente» possibile. Il ministro si è detto «moderatamente ottimista» sull’esito del tavolo: «Andiamo con una fortissima determinazione a salvare le aziende, i lavoratori, i loro posti e i redditi delle famiglie».

Certo, ha poi precisato Zanonato, non spetta al governo prendere una decisione: quello che l’esecutivo può fare è negoziare una soluzione che sia condivisa da tutti. Il ministro ha poi chiesto ai giornalisti un’informazione «corretta, in modo che la gente possa rasserenarsi: parlare di stipendi polacchi non è fare un servizio positivo».

All’appuntamento sono attesi, oltre che ovviamente l’azienda e i sindacati (la prima sarà rappresentata dall’ad di Electrolux Italia, Ernesto Ferrario), anche i governatori delle regioni coinvolte: e la stessa Debora Serracchiani, che la settimana scorsa aveva chiesto le dimissioni del ministro per una sua frase su Porcia (lui aveva detto che in pericolo non è Susegana, nel trevigiano, ma piuttosto il sito pordenonese). I due «avversari» dopo lo scontro si erano solo sentiti al telefono: oggi quindi si incontreranno.

In un documento approvato ieri all’unanimità nel corso della loro assemblea di stabilimento, le Rsu di Susegana si sono dette disponibili anche a nuove «forme cooperative di produzione a gestione diretta Stato/lavoratori».