Lavorare di più per guadagnare meno. La nuova teoria della schiavitù 2.0 elaborata dall’Electrolux ieri è approdata sul tavolo del governo Letta. “L’azienda non ci ha convinto”, ha concluso il ministro Flavio Zanonato. Le parti hanno aperto una trattativa e si rivedranno il 17 febbraio. Ernesto Ferrario, ad di Electrolux, ha insistito sulla riduzione del costo del lavoro per non licenziare nei quattro stabilimenti, mentre il ministro – con i governatori di Veneto e Friuli – ha preteso che la soluzione della crisi passi attraverso un “piano industriale”. Il colosso svedese degli elettrodomestici produce a Porcia (Friuli), Forlì, Solaro (nel milanese) e Susegana (Treviso). Su 6.500 dipendenti, vorrebbe chiudere la fabbrica friulana, licenziare altre 850 persone e diminuire a tutti lo stipendio: 136 euro in meno. Altrimenti? Porterà la produzione in Polonia. Detta così sembra una proposta che non si può rifiutare, tipo don Vito Corleone, e invece gli operai si stanno già organizzando per una lotta che durerà mesi. Nel frattempo, tocca accontentarsi del “risultato straordinario” di ieri: il ministro ha detto che il governo è intenzionato a “garantire l’occupazione, il reddito dei lavoratori e tutti gli insediamenti produttivi”. Anche se sulla fabbrica più a rischio, Porcia, Electrolux non ha detto nulla di rassicurante. Anzi, a fine incontro ha precisato: “Andremo avanti sull’analisi del costo del lavoro e sulla sua riduzione, molto tranquillamente”.

 

Le prime rituali mosse e contromosse non scuotono Raffaella La Penna, delegata Fiom a Solaro (912 dipendenti). 41 anni e 21 di lavoro alla Electrolux, due bambine e un part-time a sei ore. 1.000 euro al mese.

 

E’ vero che a Solaro è dura “tenere” gli operai?

Ho colto una rabbia diversa dal solito. Prima i lavoratori erano più disposti a farsi guidare dai sindacati, oggi è come se avessero perso l’orientamento. Vogliono scioperare ad oltranza. Abbiamo spiegato che dobbiamo prepararci a una lotta intelligente, dobbiamo colpire l’azienda con scioperi a scacchiera, fanno più male e si fanno sentire meno nella busta paga.

 

Come ti spieghi questo atteggiamento?

Il piano di Electrolux è impresentabile, perché oggi non si può vivere con 130 euro in meno di stipendio. Ci sono mamme single, mariti e mogli all’interno dell’azienda, le persone non ce la fanno più.

 

I soldi. Electrolux dice che non è vera la riduzione di stipendio.

 

Siamo in contratto di solidarietà e lavoriamo sei ore su otto, prendiamo quasi interamente lo stipendio perché le restanti due le paga lo Stato (circa 1.300 euro). L’azienda ha prospettato una diminuzione di tre euro all’ora e quindi fanno 136 al mese, questa decurtazione proseguirà anche quando finiranno i contratti di solidarietà e quindi i conti sono fatti: 136 euro verranno decurtate su una busta paga di 1.000. Guadagneremo poco più di 800 euro al mese, eccolo lo stipendio di tipo “polacco”.

 

Poi c’è il capitolo carichi di lavoro.

Come se non bastasse. Abbiamo cinque linee di montaggio, di cui una è part-time e ci lavorano donne che avendo figli non possono lavorare sul doppio turno. Alcune linee producono 78 lavastoviglie all’ora, altre 74: l’azienda vorrebbe sopprimere due linee e portare la produzione a 90 pezzi all’ora. Salterebbero i part-time, per non parlare dell’affronto di una proposta che chiede più lavoro per meno stipendio. Il lavoro alla catena di montaggio già a questi ritmi è massacrante: abbiamo 150 persone a ridotte attitudini lavorative per problemi alle spalle e al tunnel carpale.

 

Adesso come pensate di organizzarvi?

Sarà lunga, dobbiamo preparare scioperi intelligenti. Fermarsi un quarto d’ora e poi ripartire, così facendo l’azienda ha difficoltà a far ripartire la linea. Oggi fermiamo tutte le donne per un’ora e dopo tutti gli uomini.

 

Molti lavoratori, anche meno tutelati dei metalmeccanici, subiscono o hanno subito riduzioni di stipendio imposte. Perché nessuno si rivolta?

Vero, ma questa vertenza è pericolosa perché serve da apripista per annullare il contratto nazionale dei metalmeccanici. Non possiamo permettere una cosa del genere. Dobbiamo fare di tutto per arrivare alla presidenza del Consiglio. La politica non può continuare a parlare d’altro, si preoccupano dell’Imu e del sistema elettorale e non si rendono conto che siamo al limite della sopravvivenza. Penso che gli italiani non siano abituati a ribellarsi, forse senza il capo non può esserci rivolta.