Nei suoi oltre due anni alla guida di El Salvador, il presidente Nayib Bukele è passato sul suo paese come un carro armato. «Nessuno si intrometterà tra Dio e il suo popolo», è il suo slogan. Neppure la Costituzione. Così, ha fatto piazza pulita dei contrappesi democratici essenziali, governando di fatto come un sovrano assoluto.

Ha liquidato la fastidiosa pratica di dare conto della gestione dei fondi governativi, inclusi quelli vincolati alla gestione della pandemia. Ha lanciato campagne diffamatorie contro chiunque si sia azzardato a criticarlo, ha attaccato giornalisti e mezzi di comunicazione che hanno puntato il dito sulla corruzione di cui, dopo tanti proclami di tolleranza zero, si è reso responsabile il suo governo e ha scatenato contro l’opposizione una persecuzione politica senza precedenti dalla firma degli Accordi di pace del 1992. Di tutto questo abbiamo parlato con l’attivista ed ex magistrata della Corte suprema di giustizia Mirna Perla, vedova di Herbert Anaya Sanabria, il presidente della Commissione non governativa di diritti umani assassinato il 26 ottobre del 1987. Una data che nel 2013, durante il primo governo del Fronte Farabundo Martí per la liberazione nazionale, l’Assemblea legislativa di El Salvador avrebbe proclamato, in onore del militante ucciso, «Giornata nazionale dei difensori dei diritti umani».

Come valuta l’azione di governo di Bukele?
Bukele è arrivato alla presidenza alleandosi con diversi settori, soprattutto di sinistra, delusi dai cedimenti nei confronti dell’oligarchia e del governo Usa da parte del Fronte Farabundo Martí. In realtà il Fronte ha pagato, oltre alla perdita di radicamento popolare, la sua incapacità di contrastare la propaganda della destra informando la popolazione sui progressi, che pure non sono mancati, realizzati dai suoi governi, per quanto si sarebbe dovuto fare di più nei confronti della popolazione più povera. In questo quadro, il presidente ha centrato tutto il suo discorso su ciò che ha più presa tra la gente, dicendo esattamente ciò che la popolazione voleva sentire, a cominciare dall’impegno a lottare contro la criminalità e l’insicurezza e dalla promessa di porre fine alla corruzione, all’inefficienza e al nepotismo di cui la destra accusava il Fronte, in maniera chiaramente strumentale anche se non del tutto infondata.

E che fine hanno fatto queste promesse?
Una volta assunta la presidenza, Bukele ha fatto tutto il contrario di quanto aveva annunciato. Ha dato la priorità agli affari della sua famiglia e delle famiglie dell’oligarchia a cui si è alleato (Dueñas, Poma e Kriette). Anziché investire nei programmi di lotta alla criminalità, ha stretto un patto con le pandillas, preoccupandosi solo che le loro azioni criminali non facciano troppo rumore. Di fatto, durante il suo mandato si registra una grande quantità di persone scomparse. Ed esistono denunce in base a cui agenti della polizia avrebbero ricevuto l’ordine di lasciare campo libero alle pandillas sui territori in cui operano tradizionalmente. Ancora, ha tagliato gli investimenti alla salute e all’educazione per incrementare il bilancio delle forze armate, impegnandosi a raddoppiare gli effettivi dell’esercito (da 20mila a 40mila) e ha presentato una proposta di legge sull’acqua a beneficio del settore privato. E a oltre due anni dall’inizio del suo mandato non ha ancora dato conto della gestione dei fondi stanziati dal bilancio, tanto meno di quelli approvati per la lotta alla pandemia.

Con l’Assemblea legislativa e il potere giudiziario sotto controllo, chi può fermarlo?
Il nostro paese attraversa una profonda crisi istituzionale. Anzi, affronta il suo peggior momento dalla firma degli Accordi di pace. La nuova Assemblea legislativa, nella quale il partito Nuevas Ideas di Bukele gode della maggioranza assoluta dei due terzi, ha prontamente destituito i giudici della Corte suprema di giustizia e il procuratore generale Raúl Melara, sostituendoli con persone gradite al presidente. E ha approvato un decreto che blinda i funzionari coinvolti in irregolarità nell’acquisto di materiali per l’emergenza sanitaria, bloccando di fatto le indagini sulla corruzione nella gestione dei fondi per la pandemia, pari a tre miliardi di dollari.

Eppure la popolazione continua a sostenere il presidente…
La popolarità di cui ancora gode Bukele è frutto della manipolazione legata al controllo dei mezzi di comunicazione e alla costituzione di una gigantesca equipe di propaganda incaricata di presentare una realtà che non esiste. Il presidente può contare su un esercito di collaboratori impegnato ad attaccare chiunque si opponga, qualunque mezzo di comunicazione che denunci la corruzione governativa, qualsiasi organizzazione che rivendichi libertà di espressione, accesso all’informazione e trasparenza nella gestione dei fondi.

L’ordine di cattura contro l’expresidente Salvador Sánchez Cerén e l’arresto di ex funzionari accusati di peculato, riciclaggio di denaro e arricchimento illecito rientrano in questa persecuzione?
Vari ex funzionari del governo del presidente Funes sono finiti in carcere per iniziativa del procuratore generale, senza alcun rispetto per il principio del dovuto processo. Si tratta di una misura diretta a distrarre la popolazione dopo l’uscita dell’elenco di funzionari corrotti dei governi di El Salvador, Guatemala e Honduras elaborato dal Dipartimento di stato Usa, tra i quali lo stesso capo di gabinetto del presidente. E ciò malgrado la promessa, all’inizio del suo mandato, di far arrestare chiunque, nel suo governo, avesse rubato anche solo un centesimo.

Grandi polemiche ha provocato anche l’approvazione della «legge Bitcoin». Qual è il suo giudizio?
A partire dal 7 settembre, El Salvador convertirà ufficialmente Bitcoin in mezzo di pagamento tale e quale al dollaro, diventando il primo paese al mondo a utilizzare la volatile criptovaluta come moneta reale. Presentata da Bukele, la “ley Bitcoin” è stata approvata in tempi brevissimi dall’Assemblea legislativa, senza discuterne i contenuti e senza consultare la popolazione, che rischia ora di vedersi pagare in Bitcoin salari e pensioni. Senza contare l’aumento dei rischi di introiti da attività illecite a causa della mancanza di trasparenza nelle transazioni con Bitcoin. È anche a causa dell’approvazione di questa legge che l’agenzia Moody’s ha declassato il paese da Ba3 a Caa1, dunque a livello spazzatura.