Arrivato a Las Vegas per il terzo e ultimo dibattito presidenziale Trump è stato accolto dallo staff della campagna e dalla stampa internazionale ma il benvenuto più rumoroso lo ha ricevuto dai suoi impiegati: i lavoratori del Trump International Hotel, da mesi in lotta per un contratto.

Il personale del Trump Las Vegas ha organizzato una manifestazione  davanti al grattacielo dorato su cui campeggia cubitale il nome del titolare, allineando dei taco truck (i furgoni che vendono  cibo messicano in molte città d’America) per formare una “grande muraglia”. «Volevi un muro? Eccotelo!» hanno urlato i manifestanti dal picchetto.

 

21EST2 usa LAS VEGAS IMG_9151
Las Vegas, Jesse Jackson parla ai lavoratori del Trump International Hotel in sciopero

A DARE MAN FORTE è arrivato Jesse Jackson, il leader afro americano che finora ha tenuto un basso profilo durante la campagna. Ha paragonato la vertenza sindacale alle lotte di Martin Luther King e Cesar Chavez. E sono arrivati i Tigres del Norte, il complesso di musica norteña specializzato in ballate sulla frontiera e sull’immigrazione illegale, mandando in visibilio gli scioperanti in gran parte ispanici.

La manifestazione è stata indetta per pubblicizzare il boicottaggio dell’albergo e smascherare quella che lavoratori hanno definito la vera faccia del candidato che da mesi si pone come paladino dei lavoratori americani contro le forze della globalizzazione, promettendo di «riportare in America» i posti di lavoro esportati all’estero e di deportare  i 13 milioni di «clandestini».

Fino a quest’anno il personale dell’albergo non aveva nemmeno  rappresentanza sindacale. Lo scorso dicembre, quando già Trump aveva annunciato la sua corsa alla casa Bianca apostrofando gli immigranti messicani come «stupratori»,  i 500 lavoratori, in gran parte latinos,  hanno votato per unirsi a Unite Here, il maggior sindacato alberghiero d’America, noto come la Culinary, che a Las Vegas conta 57mila membri, e chiesto di negoziare migliori condizioni di lavoro.

MA A NULLA È VALSO. La direzione dell’albergo non ha riconosciuto il sindacato ed ha  rifiutato di sedersi al tavolo del negoziato. Le condizioni di lavoro nello scintillante grattacielo dorato continuano così ad essere fra le peggiori sullo strip (il viale dei grandi alberghi della città).  I dipendenti di Trump non ricevono straordinari né contributi e vengono pagati tre dollari l’ora meno del minimo sindacale. Il sindacato ha fatto ricorso al National Labor Relations Board, chiedendo che Trump venga obbligato a discutere il contratto come tra l’altro ha già decretato una sentenza del tribunale federale. «Questo è l’uomo con cui abbiamo a che fare», mi dice in spagnolo Eleuteria, sulla sessantina, addetta alla pulizia, «e vorrebbe fare il presidente. Dio ce ne scampi!».

L’ANTIPATIA DEI LAVORATORI – e degli elettori – ispanici per Trump non è una sorpresa (ne è probabile che le strategie padronali del miliardario abbiano un effetto sui suoi sostenitori). Ma qui siamo a Las Vegas e il Nevada è, con l’Arizona, il più occidentale degli stati «in bilico», uno swing state che ha votato per Obama ma prima ha sostenuto Bush, che ha scelto Clinton ma solo dopo aver votato due volte per Reagan e dopo per Bush Sr..

Quest’anno si prospetta un risultato sul filo di lana ma alla Culinary sono convinti di poter consegnare lo stato a Hillary. «In Nevada c’è l’early voting – mi spiega Bethany Kahn del locale 266 -, si vota in anticipo di due settimane a partire da sabato. Abbiamo 100 volontari che si sono messi in aspettativa per assicurarsi che voti un massimo numero di democratici. Questo stato non può tornare repubblicano».

LA VOCAZIONE CONSERVATRICE del Nevada è radicata nei distretti rurali, nei giganteschi ranch di allevatori, bastian contrari di tendenza libertarian (e con malcelate antipatie razziali),  estremisti antigovernativi come il clan dei Bundy, i cowboy mormoni  interpreti un paio di anni fa di una ribellione antistatalista e contro il fisco. Asserragliati sulla loro fattoria come a Fort Apache, lanciarono allora un  appello a ribelli di tutto il paese per resistere ai soprusi fiscali di Washington. Era arrivata un’armata Brancaleone di irredentisti e apocalittici poco integrati. Perso quel duello, i Bundy ci hanno riprovato l’anno scorso occupando con un manipolo di armati una stazione ornitologica della guardia forestale in Oregon prima di venire arrestati dall’Fbi.

È UN MOVIMENTO con naturali affinità al trumpismo che ha regalato al miliardario una netta vittoria alle primarie. Ma in Nevada sono in atto cambiamenti politici e demografici che rispecchiano quelli nel paese in generale e le campagne sono state eclissate dalle città, o meglio la città: a Las Vegas risiede metà della popolazione dello stato. Le 130 mila stanze d’albergo annesse al divertimentificio low-cost che sono i casinò richiedono una enorme forza lavoro.  Las Vegas è una città che attira lavoratori da tutto il paese, e dall’estero.

L’industria turistica rappresenta qui quella che fu l’aeronautica nella California anni ’50 e la metallurgia nell’Ohio Valley  nei ’40: una fucina di middle class ancora capace di generare impieghi sindacalizzati e ben retribuiti, che permettono di accedere ad una classe media. In un certo senso Las Vegas oggi è una nuova Detroit, cresciuta attorno ad un economia di servizio che ha soppiantato la grande manifattura.

A FRONTE DEL DECLINO delle grandi union metalmeccaniche è cresciuta invece l’influenza di sindacati come la Culinary. Il sindacato a maggioranza ispanica – e con una forte componente afro americana – inclina l’equilibrio etnico e politico dello stato verso i democratici. Otto anni fa la Culinary fu il primo sindacato a sostenere il giovane senatore dell’Illinois e Barack Obama passò proprio dalla sede del «226» a incassare il suo endorsement. È noto che Hillary faticherà a riunire tutte le componenti della Obama coalition, specie quelle più giovani. Ma la base della Culinary, ispanica, e con una forte componente femminile, almeno qui a Las Vegas è compatta nel tentare il tutto per tutto per evitare che el patrón Trump diventi presidente.

 

21EST2 usa LAS VEGAS trump hillary 1
Las Vegas, la protesta dei lavoratori del Trump International Hotel