La perquisizione della sede brianzola di Lissone, insieme alla notizia che i vertici della società delle torri di trasmissione del segnale Mediaset in carica il 24 febbraio sono indagati. Il caso dell’Opas impossibile lanciata da Ei Tower nei confronti di Raiway, la controllata Rai, diventa anche giudiziario.

Singolare, la condizione posta alla società concorrente nell’offerta pubblica di acquisto e scambio annunciata da Ei Towers con un comunicato del cda datato appunto 24 febbraio: quella di poter acquisire almeno il 66,67% del capitale sociale di Raiway. Singolare perché nel decreto della presidenza del consiglio dei ministri del 2 settembre 2014 sulla dimissione delle quote di Raiway era scritto che almeno il 51% della società doveva restare («allo stato», dice il testo) in mano pubblica.

Eppure, come è scritto nella relazione del Nucleo Valutario della Guardia di Finanza che ha portato il pm della Procura di Milano Adriano Scudieri a disporre le perquisizioni delle Fiamme gialle, il comunicato di Ei Towers non citava quel Dpcm. Una presunta carenza informativa delle comunicazioni al mercato da parte del board della società, secondo la Procura milanese che ha aperto l’inchiesta indagando i 7 componenti del cda in carica il 24 febbraio 2015 per aggiottaggio. Il 25 febbraio la notizia dell’Opas fu un toccasana per i titoli di Ei Towers e Rai Way che schizzarono in borsa: a fine giornata la prima portò a casa un +5,26 e la seconda +9,46. E da allora in poco più di due mesi il titolo di Ei Towers è passato dal valore di 45,6 euro (24 febbraio) a 55 euro, crescendo fino al giorno del ritiro ufficiale dell’offerta del 17%. Crescita dell’8%, invece, per la società delle torri Rai.

Gli indagati sono il presidente del consiglio di amministrazione Alberto Giussani, gli amministratori delegati Guido Barbieri e Valter Gottardi, il consigliere esecutivo Piercarlo Invernizzi, i consiglieri Manlio Cruciatti e Michele Pirotta e l’ex consigliere Richard Adam Hurowitz, non confermato dall’assemblea degli azionisti del 21 aprile che ha allargato a 9 i componenti del board.

Dopo l’annuncio dell’Opas, il caso era diventato subito anche politico, ma il governo aveva ribadito che il controllo di Raiway sarebbe restato in capo all’azienda di servizio pubblico. Che attualmente, dopo il via libera dello stesso governo alla cessione di quote di minoranza della società delle torri per far fronte al taglio di 150 milioni imposto alla Rai per coprire gli 80 euro, detiene il 65% del capitale sociale.

Sull’offerta l’Antitrust aveva aperto un’istruttoria per accertare l’eventuale creazione o rafforzamento di posizione dominante nel mercato, e annunciato poi il suo stop; stop arrivato anche dalla Consob che, dopo un primo «congelamento», si era mossa con un’indagine per stabilire la validità e la legittimità dell’offerta. Giudicata comunque dal cda Rai «improcedibile» e anche successivamente (di fronte alla modifica delle condizioni poste da Ei Towers, con la disponibilità a scendere al 40%) rigettata. Del 16 aprile la conferma, da viale Mazzini, che non avrebbe «aderito in alcuna misura all’offerta promossa da Ei Towers». Caso chiuso, il 21 aprile, con il ritiro ufficiale dell’Opas da parte della controllata Mediaset.

La Consob ha passato la sua documentazione alla procura ma dall’autorità guidata dal’ex forzista e pidiellino Giuseppe Vegas si fa sapere che dalle verifiche effettuate non sarebbero emerse ipotesi di manipolazione informativa né di altri abusi di mercato. Per la Consob, prima del chiarimento del governo, si poteva ipotizzare una modifica delle condizioni poste da palazzo Chigi. Con una emessa su richiesta della setssa Consob, Ei Towers «ribadisce la piena correttezza dell’operato proprio e dei suoi amministratori».
Michele Anzaldi, segretario delle commissione di vigilanza Rai, Pd, da sempre allarmato per la vicenda, torna a chiedere che Vegas sia ascoltato dalla stessa commissione parlamentare.