Le nuove 4×4 in dotazione della polizia pattugliano le vie deserte del centro del Cairo per le misure di sicurezza stabilite in seguito alla Conferenza economica di Sharm el-Sheykh che ha galvanizzato anche gli scettici verso il regime del golpista al-Sisi. Le facciate dei palazzi anche di piazza Talaat Harb sono state rimesse a nuovo, le lancette sembrano inesorabilmente tornate indietro al 2010, ultimo anno di presidenza Mubarak. Per i Fratelli musulmani non resta che attendere l’esecuzione delle centinaia di condanne a morte, confermate dalle Corti del Cairo.

La prima è stata eseguita la scorsa settimana in seguito alla condanna alla pena capitale contro Mahmud Ramadan, secondo i giudici responsabile di aver defenestrato due giovani nei giorni del golpe militare del 2013. Lunedì è stata confermata la condanna a morte anche del murshid della Fratellanza, Mohammed Badie, secondo i giudici, responsabile insieme ad altri 13 sostenitori del movimento di pianificare attacchi contro lo Stato. «Io avevo votato per loro, ma ora sono certo che i Fratelli musulmani sono spie del Qatar», ci dice Ahmed, guardiano della moschea Ibn Tulun nel centro antico del Cairo.

Sembra ormai che la Fratellanza sia responsabile di tutto. E così molti sostenitori del principale partito di opposizione, ora fuori legge, sono sotto accusa anche per aver preso parte alla strage del football dello scorso gennaio che ha causato 22 morti tra i tifosi della squadra cairota dell’al-Zamalek (i White Knights) quando la polizia ha di nuovo sparato sugli ultras. Qualche segnale positivo è arrivato però nel caso dell’attivista socialista egiziana Shaimaa Al-Sabbagh. Lo scorso sabato la polizia aveva attaccato e messo sotto sequestro la sede dell’Alleanza socialista ad Alessandria impedendo di fatto l’arresto del poliziotto che le aveva sparato il 24 gennaio scorso nel centro del Cairo. Il procuratore Hesham Barakat ha dato invece il via libera al processo contro l’ufficiale di polizia che ha commesso il delitto. Non si conosce ancora il nome dell’accusato ma lo stesso al-Sisi aveva promesso che nel caso al-Sabbagh le autorità egiziane sarebbero andate fino in fondo. La Corte amministrativa del Cairo ha poi richiesto di scongelare i beni di 138 organizzazioni non governative di al-Jamia al-Shariya, precedentemente messi sotto controllo della magistratura per legami con la Fratellanza.

Residui sostegni la Fratellanza li ha ancora nella magistratura. Forse questo spiega anche perché il voto del 21 marzo sia stato spostato in extremis con il decadimento della legge elettorale e le lungaggini per l’approvazione della nuova tabella di marcia per un voto che dopo tre anni potrebbe anche slittare a settembre. Questo darebbe tutto il tempo agli uomini dell’ex presidente Mubarak di riorganizzarsi e ottenere la maggioranza in parlamento costringendo al-Sisi e i militari a dover fare leva sul sostegno imprescindibile della polizia e del nuovo ministro dell’Interno, Magdi Abdel Ghaffar, espressione del rinnovato potere dei poliziotti egiziani. Per cancellare le ultime sacche di resistenza del movimento, 41 giudici, accusati di essere vicini alla Fratellanza, sono stati mandati anticipatamente in pensione. La prova della loro affiliazione verrebbe dall’appartenenza all’associazione «Giudici per l’Egitto».

Dal Forum che si è chiuso a Sharm la scorsa domenica, uno show senza precedenti, oltre ai 36 miliardi che verranno iniettati da tutto il mondo in Egitto, al-Sisi ha ottenuto due cose: il via libera ad un nuovo prestito della Banca mondiale e l’invito a recarsi in Germania della Cancelliera, Angela Merkel, che fino ad oggi aveva detto di non voler vedere il golpista egiziano prima che si svolgessero le elezioni parlamentari. Un bel colpo per al-Sisi e per i suoi progetti di conquista della Libia. Ormai piazza Tahrir è tornata ad appartenere ai nazionalisti egiziani con una monumentale bandiera nera, bianca e rossa ad indicare il completo ritorno anche nello stile dei tempi di Mubarak.