Non si placa la censura degli attivisti laici egiziani. Sanaa Seif, sorella di Alaa Abdel Fattah e figlia del compianto avvocato che ha speso una vita per difendere i diritti umani in Egitto, Seif al Islam, è stata condannata a tre anni di detenzione.

La giovane, in sciopero della fame da due mesi, resterà in carcere con altri 23 attivisti, colpevoli soltanto di aver manifestato contro la legge anti-proteste, che impedisce ogni assembramento, marciando la scorsa estate verso il palazzo presidenziale di Heliopolis. Sanaa aveva lavorato come editor al film documentario The Square, sulle rivolte di piazza Tahrir del 2011, tra i nominati per il premio Oscar lo scorso anno.

Le cattive notizie per i giovani attivisti non finiscono qui, anche suo fratello Alaa, condannato a 15 anni per aver protestato contro la stessa legge, è stato arrestato di nuovo. Alaa, attivista socialista, non fa che entrare e uscire di prigione, denunciando le gravi condizioni detentive delle carceri egiziane. Il partito «Corrente popolare» del candidato alle presidenziali Hamdin Sabbahi, con altri partiti laici tra cui il liberale «Dostour», hanno chiesto di emendare subito la legge contro le manifestazioni. Come se non bastasse, 17 attivisti sono stati condannati a 5 anni per aver manifestato contro la Costituzione, voluta dall’esercito, lo scorso gennaio.

La nuova ondata repressiva in Egitto arriva dopo lo stato di emergenza dichiarato nel Sinai in seguito agli attacchi dei jihadisti di Beit al-Meqdisi contro soldati di stanza nella regione, lo scorso venerdì. L’ex generale Abdel Fattah al-Sisi ha conferito poteri speciali al premier Ibrahim Mahlab e imposto il coprifuoco notturno nel Sinai. I Fratelli musulmani hanno definito l’esercito come direttamente responsabile degli attacchi.