L’Egitto è un regime militare e uno stato di polizia in seguito al colpo di stato del 3 luglio 2013 che ha portato al potere l’ex generale Abdel Fattah al-Sisi. Da quel momento il principale partito di opposizione, Libertà e giustizia, braccio politico dei Fratelli musulmani, è stato messo fuori legge. Sono state approvate leggi anti-proteste e anti-terrorismo. Sono migliaia i prigionieri politici e i casi di torture in carcere.
Dopo la farsa delle elezioni parlamentari che hanno consegnato tutti i seggi ai militari, il clima di repressione politica si è ancor più aggravato. Ieri l’avvocato e attivista Gamal Eid è stato arrestato all’aeroporto del Cairo mentre stava per salire sul suo volo. Tra gli arrestati delle ultime ore, figura anche il fumettista Islam Gawish, poi rilasciato, che aveva pubblicato disegni critici verso il regime. È stato arrestato anche l’attivista socialista più volte intervistato dal manifesto, Taher Mokhtar. Sono ancora in prigione i compagni Mahiennour el-Masry e Ismail Alexandrani. L’attivista comunista è in prigione per aver assaltato, secondo il giudici, una stazione di polizia al tempo della presidenza Morsi. Lo studioso Alexandrani, vicino al candidato comunista alle presidenziali del 2012, Khaled Ali, è stato invece arrestato per le sue ricerche nel Sinai.

Nei giorni di manifestazioni e scontri più intensi, sono stati sempre gli stranieri nell’occhio del ciclone. Negli ultimi mesi, un sentimento di diffusa xenofobia ha spinto decine di giornalisti e studiosi a lasciare il paese. Molti sono i casi di espulsioni all’arrivo in aeroporto o notizie di persone direttamente prelevate dalle loro abitazioni. Il caso più grave riguardò un giovane insegnante canadese, Andrew Pochter, che nell’estate del 2013 venne ucciso durante una manifestazione ad Alessandria d’Egitto.
Anche i turisti sono diventati obiettivo facile dei gruppi jihadisti nel Sinai che più volte hanno attaccato pulman di stranieri. L’episodio più grave è costato la vita di 224 persone, imbarcate sul volo Airbus A-321 della russa Metrojet.

Ormai siamo entrati in una fase di repressione ancora più incisiva rispetto ai mesi seguenti al golpe del 2013. Il nuovo parlamento, controllato per la quasi totalità dalla lista elettorale «Per l’amore dell’Egitto», è entrato in piene funzioni lo scorso 11 gennaio. Addirittura l’ex presidente ad interim, Adly Mansour, ha potuto liberamente criticare nella prima sessione delle Camere la Costituzione per i riferimenti che contiene alle rivolte del 2011. Una dura legislazione contro i simboli della Fratellanza musulmana e del movimento 6 aprile è stata approvata mentre tutti i decreti legislativi, voluti dall’ex generale, sono stati confermati dal parlamento ad eccezione della contestata legge sul pubblico impiego.
Al-Sisi ha assunto una posizione aggressiva in politica estera ben distinta dagli obiettivi del neo-nasserismo a cui inizialmente diceva di ispirava. L’Egitto si è appiattito sulle posizioni israeliane nell’operazione Margine protettivo di fatto prolungando il conflitto per settimane. Ha poi attaccato lo Yemen al fianco dell’Arabia Saudita, di fatto contribuendo a destabilizzare il paese. Ha assunto il controllo di metà della Libia con il suo uomo forte, Khalifa Haftar.

Il golpe in Egitto è una delle cause dell’ascesa dello Stato islamico nella regione. Se l’alternativa dell’islamismo politico è sembrata impraticabile per l’associazione che al-Sisi ha promosso tra Fratellanza musulmana e terrorismo, i jihadisti hanno avuto vita facile dove lo stato è apparso più debole, come nel Sinai, oppure sono stati riattivati i legami tra estremisti ed intelligence militare per attivare attacchi ad orologeria nei momenti cruciali delle rivolte.

Non solo, questo atteggiamento ha azzerato il potenziale rivoluzionario dei movimenti, trasformando le contestazioni, soprattutto proletarie e dal basso, intercettandole e disattivandole. Questo ha avuto effetti devastanti in tutti i paesi della regione a partire dalla Tunisia, ma anche in Siria e Libia. Gli Stati uniti non hanno mosso un dito per difendere gli islamisti di Morsi e neppure hanno congelato gli aiuti militari al Cairo, come inizialmente promesso. Mosca e Parigi hanno convalidato l’ascesa del generale, subendo i più gravi attentati terroristici della loro storia recente.