L’attivista socialista Alaa Abdel Fattah è stato condannato a cinque anni di prigione per aver violato la liberticida legge anti-proteste, insieme ad Ahmed Abdel Rahman. Altri 18 attivisti sono stati condannati a tre anni nello stesso processo. Le accuse riguardano l’organizzazione di una manifestazione alle porte della Camera alta (Shura) a poche ore dall’approvazione della legge bavaglio.

Alaa, che non fa che entrare e uscire di prigione, era stato condannato in primo grado a 15 anni di reclusione. Alaa, che è apparso molto dimagrito dopo oltre due mesi di sciopero della fame, è stato uno dei volti delle rivolte di piazza Tahrir del 2011, ha partecipato alle manifestazioni egiziane anti-regime insieme alla moglie Manal, che in quella fase teneva un blog per raccontare le proteste con gli occhi delle donne. Il giovane ha iniziato il suo impegno politico contro i processi militari contro i civili nell’anno e mezzo in cui è stata al potere la giunta militare di Hussein Tantawi.

Con l’ascesa del presidente islamista Mohammed Morsi ha continuato ad avere problemi con la giustizia egiziana ma è tornato in carcere solo con il golpe militare che ha portato il generale al-Sisi al potere. Resta in carcere anche Mohamed Sultan, attivista islamista in sciopero della fame da un anno e in gravissime condizioni di salute. Rischia di essere arrestata, per scontare la pena di due anni per avere assaltato una stazione di polizia ai tempi di Morsi, l’attivista comunista Mahiennur el-Masry. Liberati invece i tre giornalisti, condannati a sette anni nel processo contro il canale satellitare al-Jazeera. A parte Peter Greste che è subito volato in Australia, suo paese natale, Mohamed Fahmy e Baher Mohamed dovranno affrontare un nuovo processo. Sono stati condannati all’ergastolo Ahmed Maher e Ahmed Douma, attivisti del movimento 6 Aprile coinvolti negli scontri con la polizia nel novembre del 2011 in via Mohammed Mahmud. Insieme a loro sono 230 gli attivisti e rivoluzionari condannati al carcere a vita in Egitto. Resta in carcere anche la sorella di Alaa, Sanaa, condannata a due anni e accusata di aver violato la legge anti-proteste con la marcia verso il palazzo presidenziale di Heliopolis la scorsa estate, con altri 23 attivisti.

La madre di Alaa, più volte in sciopero della fame per la liberazione del figlio, e la zia, la scrittrice Ahdaf Soueif, hanno commentato la condanna. «È una vergogna, mio figlio è pieno di coraggio», ha detto Layla, denunciando che in Egitto ora c’è «meno libertà che ai tempi di Mubarak». La famiglia del giovane ha una lunga tradizione di attivismo comunista.

Con l’ascesa del presidente al-Sisi, la magistratura egiziana si è mostrata davvero vendicativa verso i leader dei movimenti sociali che hanno attraversato il paese negli ultimi quattro anni. Se centinaia di sostenitori di Fratelli musulmani sono stati condannati alla pena di morte o all’ergastolo, migliaia di loro organizzazioni caritatevoli sono state chiuse, ora tocca anche ai partiti laici e di sinistra di subire la dura repressione del regime – dopo la scarcerazione dei figli di Mubarak, Alaa e Gamal – in vista delle elezioni parlamentari che si terranno tra marzo e maggio. giu. acc.