L’ex capo di Stato maggiore egiziano, Sami Anan ha ritirato la sua candidatura alle elezioni presidenziali, dopo l’intimidazione dello scorso lunedì, quando è scampato a un attentato. In seguito all’avvicendamento alla guida dell’esercito tra il maresciallo Hussein Tantawi e il generale Abdel Fattah Sisi, nell’estate del 2012, (da molti descritto come un colpo di stato all’interno dell’esercito), viene eliminato così dalla competizione elettorale (che dovrebbe svolgersi entro giugno) il consigliere dell’ex presidente Mohammed Morsi e l’unico candidato che avrebbe potuto seriamente mettere in discussione il successo di Sisi. Poche ore prima dell’annuncio, un ufficiale dell’esercito egiziano era stato ucciso e due sottufficiali erano rimasti gravemente feriti in un agguato nel quartiere Matareya al Cairo. Gli assalitori, a bordo di una moto e a volto coperto, avevano aperto il fuoco contro un bus militare.

Dopo l’agguato, l’esercito egiziano ha puntato il dito contro i Fratelli musulmani. Gli islamisti moderati hanno però condannato l’attentato. Il gruppo radicale Ansar Beit el Maqdis, responsabile di numerosi attacchi nel Sinai, ha invece rivendicato l’agguato. Nel pomeriggio di giovedì, sette miliziani sono stati uccisi in seguito a un raid condotto dai militari in una fattoria nel villaggio di al-Madfouna nel nord del Sinai. Secondo l’esercito egiziano, l’operazione puntava direttamente a colpire gli interessi nel Sinai del movimento palestinese Hamas, bandito in Egitto da una sentenza del 4 marzo scorso del Tribunale del Cairo.

I blitz anti-terrorismo si susseguono dalla scorsa settimana, 18 persone sono state arrestate nel Sinai e 11 nel Delta del Nilo, con l’accusa di appartenere a movimenti terroristici. Secondo la polizia egiziana, gli arrestati avevano partecipato a operazioni contro gli eserciti statunitense e pachistano. Uno di loro si era infiltrato in Algeria e poi era stato rimpatriato in Egitto. Altri due sarebbero affiliati di un gruppo radicale che aveva come obiettivo di colpire forze armate, poliziotti, luoghi di culto, ambasciate e diplomatici.

D’altra parte, torna incandescente anche il confine tra Egitto e Libia. Un gruppo armato libico ha sequestrato 40 lavoratori egiziani. Gli operai sono stati prelevati da uomini armati mascherati all’alba di ieri e condotti in un luogo sconosciuto della Cirenaica. Secondo la stampa locale, giovedì scorso, la nave nordcoreana Morning Glory aveva raggiunto le acque territoriali egiziane, nonostante le autorità del Cairo neghino la notizia. I separatisti della Cirenaica avevano caricato di greggio la nave, nonostante il divieto del governo libico. L’intenzione di vendere petrolio indipendentemente dalle autorità centrali era stata già avanzata nei mesi scorsi ma si è concretizzata solo nel caso della Morning Glory dopo l’annuncio di Ibrahim Jadran, leader delle milizie delle Cirenaica in prima linea durante le rivolte del 2011.

In seguito alla fuga della petroliera dal porto di Sidra, il premier libico Ali Zeidan era stato sfiduciato dal parlamento ed è fuggito in Germania. Dopo il voto del Congresso, i giudici libici avevano imposto contro il politico il divieto d’espatrio per il presunto coinvolgimento in un caso di appropriazione indebita di fondi pubblici. Zeidan tuttavia ha accusato i movimenti islamisti di aver «falsificato» il voto in parlamento, costringendolo alle dimissioni. Lo scorso lunedì, in una riunione sulla Libia del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, il paese è stato definito la «fonte principale di armi illegali» il cui traffico alimenta conflitti e instabilità in vari continenti. .