Eftimios 5/41

 
« Che succede?»
«Mi si sono intrecciate le ciglia.»

Mattina del millenovecentosettantotto.
Sentiamo gridare Eftimios, corriamo.
Sette otto metri non di più, quattro cinque secondi in tutto. L’avevamo lasciato qualche secondo nella cameretta ambulatoriale, per scambiare due parole con la dottoressa che lo seguiva in particolare, Luciana, un vulcano mediterraneo. Steso sul lettino, una flebo agganciata ad un trespolo grigio, un tubo che fiorisce in una farfallina che s’infila in una delle sue invisibili vene. Era caduto? Aveva sbattuto? Aveva paura?

Gli occhi chiusi, le mani alzate.
«Che succede?»
«Mi si sono intrecciate le ciglia.» Ecco, ecco, aveva già gli occhi chiusi, era finita, ma le braccia? Alzate. Verso dove? Le ciglia, Pasquale, le ciglia, Alexandra. Si chiamava la chiamavo la chiamo Alexandra, lei. Le ciglia, lunghe, incurvate, ragnatele, si erano intrecciate, e lo sotterravano. Come siamo riusciti a liberare i suoi occhi quella volta? Lo sai, lo sapete, come si strecciano le ciglia di un ragazzo, e i capelli di una ragazza, e i pensieri di un uomo e una donna che prima si attorcigliavano?

Quante volte, quante volte di pomeriggio e quante di notte mi sono avvicinato a lui piano, senza respirare, per sentire se respirava? Da lontano, tutti sono morti, solo da vicino alcuni sono vivi. Socchiudo la porta, varco la soglia, un passo, due, non decido ancora, ancora un passo, il suo corpo, il suo petto, il suo volto, la sua bocca. Mi chino, il suo respiro. Ah!… Anche l’ultima volta, dopo diecimila volte, ho cercato di sentire il suo respiro. Dov’era finito il suo respiro?

E ora, dove è finito lui? Tutti pensano che stia lì, nella tomba stretta. Qualcuno va a trovarlo, alza gli occhi – verso dove? – e prega. Non io. Non sta nella tomba stretta. È accanto a te. Di fronte a me. Vedo dondolare questa pianta fiorita da cento boccheleoni rosa e amaranto a testa in giù, piano, cullata dal vento (o è lei che muove il vento fino a te?), la vedo e so che è qui. Da dove altrimenti questa luce leggera, questo silenzio in punta di piedi, questa calma profonda? Blocco il respiro, ascolto, sento respirare. Ecco.

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