«Il governo, che già molti danni ha provocato gestendo in maniera inadeguata l’emergenza sul coronavirus, ha il dovere di mettere al più presto in campo misure di stabilizzazione dell’economia. Serve subito il dpcm per il rinnovo delle concessioni demaniali marittime necessario per risolvere la questione balneari». Non era assolutamente chiara la portata dell’emergenza Covid-19, e l’Italia non era ancora entrata in lockdown, ma il 26 febbraio Massimo Mallegni, senatore di Forza Italia, aveva già le idee chiare: era necessario prorogare senza gara e fino al 2033 tutte le concessioni, quelle che trasformano le spiagge libere (e pubbliche) in lidi privati. Mallegni, imprenditore nel settore turistico, è stato sindaco di Pietrasanta tra il 2000 e il 2010, e poi di nuovo tra il 2015 e il 2017, prima di essere eletto in Parlamento.

A MARINA DI PIETRASANTA, nel territorio del Comune che il senatore ha a lungo amministrato, ha sede il Twiga, che secondo il Rapporto spiagge 2020 di Legambiente è il più caro in Italia: 2 letti marocchini, tavolo centrale, 4 lettini e la possibilità di avere su richiesta televisione e musica costano mille euro al giorno. Il Twiga è simbolo di un problema, che – secondo l’associazione ambientalista – il Covid rischia solo di acuire: la Legge di Bilancio 2019 e il recente Decreto Rilancio estende infatti le concessioni per 13 anni, nonostante già nel 2009 l’Ue abbia avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia chiedendo la loro messa a gara.

IL RAPPORTO di Legambiente mette in fila i numeri del settore: in molte regioni le spiagge libere sono un miraggio, come in Versilia o in Romagna, dove meno del 10% dei litorali non è in concessione. Il record è a Forte dei Marmi, comune che confina con Pietrasanta, dove lungo 4,7 chilometri di linea costiera si contano 125 stabilimenti, per un’occupazione del 93,7% della costa. In Liguria e in Emilia-Romagna quasi il 70% è occupato da stabilimenti balneari, in Campania il 67,7%, nelle Marche il 61,8%. Preoccupano Legambiente la situazione in Sicilia, dove la percentuale di spiagge in concessione è più bassa che in altre regioni, ma nel 2019 sono state presentate oltre 600 richieste di nuovi stabilimenti, e alcune situazioni di illegalità come a Ostia (Lazio) o Pozzuoli (Campania), dove muri e barriere impediscono vista e accesso al mare.

Il rapporto evidenzia anche altri problemi: il 7,8% dei tratti sabbiosi in Italia – per oltre 259 chilometri – è sottratto alla balneazione per ragioni di inquinamento, in special modo in Sicilia, Calabria e Campania, mentre sono complessivamente 169,04 i chilometri di costa “abbandonati” in tutta Italia.

IL RISULTATO È che la spiaggia libera e balneabile nel nostro Paese si riduce mediamente al 40%, ma con grandi differenze tra le Regioni, e questo ha creato le condizioni per la nascita di un «Coordinamento nazionale Mare Libero», che nell’estate 2020 ha organizzato blitz contro la privatizzazione delle spiagge a Massa, Napoli e Mondello (Palermo).

Mentre l’attenzione si concentra su ombrelloni e stabilimenti, inoltre, dovremmo preoccuparci dell’erosione costiera: dal 1970 i tratti di litorale soggetti a erosione sono triplicati, e oggi ne soffre il 46% delle coste sabbiose, con tendenze molto diverse tra le regioni e picchi del 60% e oltre in Abruzzo, Sicilia e Calabria.

«Le spiagge rappresentano una straordinaria risorsa del nostro Paese, sia in chiave ambientale che turistica, ma anche spazi vissuti da milioni di persone per diversi mesi all’anno. Eppure se ne parla solo per le polemiche, in primis la Bolkestein, senza che vi sia un dibattito all’altezza di queste sfide. Per farlo, serve alzare il livello del confronto ed entrare nel merito delle questioni coinvolgendo tutti gli attori in campo, nessuno escluso. La sfida che vogliamo lanciare ai Comuni costieri, ai balneari, al Governo è di aprire un confronto sul futuro delle spiagge italiane: se entriamo infatti nel merito delle questioni diventa possibile trovare soluzioni di qualità, interesse generale e innovative» sottolinea Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente.

L’associazione chiede una Legge di riordino delle spiagge. Indicando alcune priorità: garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge, fissando limiti alla percentuale data in concessione e una quota prevalente di spiagge libera per ogni Comune, ma anche forme di concessione più leggere; premiare la qualità dell’offerta nelle spiagge in concessione, cioè coloro che puntano su una logica ambientale sempre più integrata con il territorio e le imprese locali e familiari capaci di garantire l’occupazione; prevedere canoni adeguati (oggi lo stato incassa appena 100 milioni di euro, da 10.812 stabilimenti balneari) con risorse da utilizzare per riqualificare il patrimonio naturale; l’approvazione di una strategia nazionale per erosione, inquinamento e adattamento al clima, per garantire l’accesso a un mare pulito, restituendo alla balneazione anche acque soggette a cattiva depurazione o non più campionate.