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Effetto M5S, Martina e Renzi a caccia di risposte in piazza

Effetto M5S, Martina e Renzi a caccia di risposte in piazzaFirenze, Renzi alla festa del 25 aprile – Ansa

Democrack A Roma i militanti al reggente: «Provateci». Lui: Rispetto il travaglio dei miei elettori ma ora dobbiamo provarci. A Firenze all’ex leader: «No, è una trappola». Giacomelli chiede il ritorno dell'ex leader. Renziani contro l’accordo: «Maurizio cambia la linea del partito dalla tv». Lui: «Il rischio è il voto a ottobre»

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 26 aprile 2018

«Segretà, sveglia, io vado nelle scuole e ci trovo i ragazzi fascisti». Appena arrivato a Porta San Paolo, al 25 aprile romano, Maurizio Martina si becca la lavata di capo dalla staffetta partigiana Luciana Romoli, nome di battaglia «Luce».

LUI L’ASCOLTA E L’ABBRACCIA. Si avvicinano quelli del circolo Palmarola Ottavia: «Ci avete chiuso, avevamo 180 iscritti adesso siamo sessanta». I militanti dem non si aspettavano il reggente («Da mo’ che qui non si vede un segretario del Pd») e allora improvvisano un dibattito sull’accordo con i 5 stelle. È una piazza rossa, qui quasi tutti sono favorevoli: «Proponigli di fare lo ius soli», «Oggi c’è da scegliere il male minore, i 5 stelle sono il male minore», «È una follia mandare al governo la Lega, e se fanno la marcia su Roma che facciamo, gli offriamo una carbonara?». Martina ascolta e risponde a tutti: «Come vedi, ci stiamo provando». Si avvicinano anche gli ex: «Quando cacciate Renzi?». Risposta: «Ma no, no, abbiamo bisogno di tutti, non ci sono renziani e antirenziani, dimostriamo che siamo gli unici a poter fare questo lavoro per l’Italia». «Ma poi vi spaccate?» «Poi decideremo insieme e quel che decideremo sarà per tutti, garantisco io. Dateci una mano, tornate nel Pd».

 

A FIRENZE MATTEO RENZI arriva in bicicletta in piazza della Signoria. Fa anche lui il suo minisondaggio: «Volete l’accordo con M5S?». Risposte: «Mai», «Non cascare nella trappola», «Con quelli si prende in tasca e basta». Del resto qui il segretario cittadino ha annunciato che se il Pd farà l’accordo si dimetterà. Non è l’unico. Renzi risponde: «Ricevuto». E quando vede il suo vecchio oppositore in comune Tommaso Grassi lo apostrofa: «Guarda che se io faccio l’opposizione non la faccio come te, che sei un rompicoglioni». Risposta: «Tu all’opposizione? Io a te lontano dal potere non ti ci ho proprio mai visto».

SI SCHERZA. Ma nel Pd i guai sono seri. Stavolta non si tratta di mettere all’angolo un gruppetto di dissenzienti con un piede fuori dal partito. La direzione, annunciata per il 2 maggio ma non ancora ufficializzata (lo sarà domani dopo le comunicazioni di Mattarella) è un passaggio al buio per il Pd, il primo dalla nascita. Il capo dei senatori Marcucci ha convocato l’assemblea dei suoi per la mattina del 2. I renziani per la prima volta si contano.

DEI 210 COMPONENTI della direzione, la maggioranza è ancora di Renzi cioè del «no all’accordo». Sul fronte opposto, capeggiato dal reggente Martina ma composto da una compagnia variegata – Franceschini, Orlando, Emiliano, Fassino, Madia, Damiano, Verini, i «collisti», cioè quelli più vicini a Mattarella – non c’è il sì «senza condizioni» ma il via libera a «un percorso di confronto». Certo, chiedere tempo al Colle per decidere e poi dire no rovescerebbe sul Pd la responsabilità del nuovo fallimento. Stamattina l’esploratore Fico farà un altro giro di incontri: alle 11 con il Pd, alle 13 con M5S. Giro delicato, anche più del primo: dovrà consegnare al Pd la proposta su cui contarsi. Se fallisce, c’è il precipizio verso il voto anticipato.

IN SERATA Martina ne parla a Porta a Porta: «Le possibilità di tornare a votare a ottobre sono non poche». Per questo, dice, «il Pd deve giocare all’attacco nella sfida con i 5stelle», «Combatto. È una situazione molto particolare. Bisogna avere tenuta: ci si prova fino in fondo».

Parole che fanno saltare i renzianissimi. Come Michele Anzaldi: «Se queste dichiarazioni non verranno smentite vuol dire che la direzione si è già tenuta alla trasmissione di Vespa. Senza confronti, senza dibattiti, senza votazioni».

IN REALTÀ MARTINA dice solo che proverà a convincere la direzione ad andare a vedere le carte dei 5 stelle. Dopo un lungo tentennamento, il reggente si mette a capo degli anti-Renzi e si gioca la partita della vita: se perde, cosa probabile, anticipa solo i tempi della fine della sua reggenza. Perché i renziani non lo hanno mai benvisto e si preparavano a farlo uscire di scena alla prossima assemblea nazionale, rimandata proprio per cercare un candidato al suo posto.

D’ALTRO CANTO IL RISCHIO di spaccare il partito è forte. E c’è chi, come il giovane turco Fausto Raciti, pur contrario all’accordo, spiega che «se dobbiamo andare davvero ad una trattativa con M5S, l’unico che può gestirla senza devastazioni per il Pd è proprio Renzi».

MA COME, da segretario ombra? No, tornando sulla plancia di comando, propone Antonello Giacomelli: «Dovremmo chiedere a Renzi di ritirare le dimissioni e guidare tutto il partito in questo confronto. Se una cosa non fa difetto a Renzi, è il coraggio». Pazza idea? Sì, per ora. In serata reggente ed ex segretario si sentono, dopo giorno di freddo. Renzi assicura che non ha intenzione di ritirare le dimissioni.

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