Quando Peter Bogdanovich riuscì a convincere Roger Corman a fargli dirigere un film (a condizione che usasse Boris Karloff che gli doveva due giorni di lavoro), Sam Fuller suggerì al giovane regista un finale denso d’azione. Seguendo il suo consiglio, Bogdanovich immaginò il finale di Bersagli (Target) -in cui la vecchia star dell’horror Max Schreck (Karloff) neutralizza un killer ispirato al famigerato assassino della Texas University, Charles Whitman- in un drive in, con panico generale, sparatoria e, sullo schermo, il classico cormaniano La vergine di cera (The Terror).
L’epoca d’oro dei drive in – un classico del paesaggio e dell’immaginario americani- era iniziata negli anni cinquanta e, poco dopo la fine della decade successiva (Bersagli è uscito nel 1968), l’apparizione dei multiplex avrebbero lentamente contribuito al suo declino. Il merito di un piccolo revival, negli anni novanta, pare da attribuire a Jurassic Park (come Bogdanovich, Steven Spielberg appartiene a una generazione cresciuta nei drive in). Ma oggi, secondo la United Drive-In Owners Association, solo 305 dei 4.300 drive in che operavano nel 1957 esistono ancora. Di quei 305, pochissimi sono aperti. O almeno lo erano, prima del lockdown.

MENTRE alcuni stati Usa stanno iniziando a riaprire, e i rispettivi governi annunciano i parametri per farlo, tra gli effetti inaspettati del Covid-19, potrebbe esserci anche la rinascita dei drive in – una delle poche esperienze collettive disegnate a prova di social distancing…Senza contare il fattore nostalgia, intrinseco al viaggio nel tempo in un’America molto più idilliaca di quella attuale. E se la riapertura delle sale cinematografiche, nella maggior parte degli stati sembra una cosa lontana, la United Drive-In Association sta aspettando con ansia che vengano annunciate le regole che dovrebbero governare l’uso dei cinema all’aperto.
Il revival non riguarderebbe solo la riapertura e il funzionamento dei drive attualmente esistenti, bensì una fitta schiera di drive in improvvisati che intendono offrire al pubblico l’opportunità di andare al cinema quest’estate.
Dai parcheggi deserti degli shopping mall sbarrati, al prato gigante, al parco pubblico, alla spiaggia – in collaborazione con le municipalità o privatamente – la corsa al drive in è una delle cose del momento. Si usano schermi professionali o fatti in casa (come quello eretto nel giro di due settimane – e già funzionante – a Juneau, in Alaska, per il modico costo di cinquecento dollari. Gratuito il biglietto per la proiezione).

PER IL SUONO, la soluzione più facile e meno dispendiosa (non c’è nemmeno bisogno di altoparlanti esterni) è identificare un canale AF o AM non in uso, su cui sintonizzare la radio nell’abitacolo dell’auto. Un po’ problematica – con il distanziamento sociale – l’opzione dei pop corn e della Coca-cola. Meglio – specialmente se il drive in non è professionale – pensano in molti, suggerire di portarseli da casa. Anche i bagni, quando disponibili, dovranno essere a prova di distanziamento.
L’aura «retro» del drive in, con la sua storia di cinema di genere, ben si presta a una programmazione di repertorio, piuttosto che alla prime visioni. Ma anche questo gioca a favore del presente: visto che gli studios hanno eliminato quasi tutte le grosse uscite estive (Mulan e Tenet, per ora, le due eccezioni, ancora previsti in sala in luglio) ma offrono ai cinema che riaprono dei pacchetti di titoli d’archivio a prezzi scontati.

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