«Saremo i primi in Europa a sconfiggere i populismi. Bloccheremo l’avanzata di destre e fascismi». Così Massimo Zedda, il candidato governatore del centrosinistra alle regionali, nei comizi di chiusura della campagna elettorale l’altro ieri a Cagliari e ieri a Sassari. «Prima i sardi poi il resto del mondo», la replica il leader della coalizione di centro destra Christian Solinas. Sempre ieri a Cagliari chiusura anche per Forza Italia e per M5S, con i rispettivi leader, Berlusconi e Di Maio, tutti e due a dire la stessa cosa: il governo regionale di centrosinistra è stato un disastro, perciò serve una svolta; ovviamente in due direzioni molto diverse.

Si è dunque conclusa una campagna elettorale segnata dalla rivolta dei pastori per il prezzo del latte e dalla quasi quotidiana presenza sull’isola di Salvini. Con un dato allarmante: dovunque il leghista ha riempito le piazze. Sa bene quali sono le cose che l’opinione pubblica sarda fatica a digerire. Ad esempio, la riforma della sanità attuata dalla giunta di centrosinistra uscente: tagli che hanno portato alla chiusura di ospedali in molti piccoli centri. Salvini cavalca il malcontento.

Ed è così che mentre sino a due anni fa elettoralmente la Lega in Sardegna non superava l’1,5 per cento, oggi i sondaggi accreditano il candidato del centrodestra del 33-37 per cento.
Zedda, che è dato al 29-33 per cento, lievemente staccato da Solinas, oppone al ciclone Salvini uno stile di comunicazione sobrio, che punta sul programma. Dove non può attaccare, il sindaco di Cagliari ex Sel para i colpi. Sulla riforma sanitaria, ad esempio. «L’ho criticata in tempi non sospetti – dice – A tutti deve poi essere garantito il diritto a un servizio di cura di uguale livello, con il rafforzamento della rete territoriale». Poi Zedda difende con convinzione le cose buone che la giunta Pigliaru ha fatto. Ad esempio, un sistema di accoglienza dei migranti tra più efficienti d’Italia. O il gran lavoro per la scuola, per migliorare la qualità dell’insegnamento pubblico con progetti seri e investimenti.

Insomma Zedda, ce la mette tutta. Ha raggruppato una coalizione larga. C’è il Pd, ma ci sono anche Sinistra Italiana e Mdp; c’è Campo progressista, ma c’è anche Sardegna in Comune, collegata al movimento di Pizzarotti. Un percorso lontano dall’autosufficienza predicata da Renzi. Un modello possibile per un Pd che con il congresso cerca una via di uscita dell’impasse. Zedda lo ha sempre detto: uniti si vince. E infatti ha tentato di far entrare tra i suoi alleati anche Rifondazione e Pci, che però hanno preferito andare da soli con un loro simbolo, quello di Sinistra sarda, e con un loro candidato presidente, Vindice Lecis.

Resta da dire dei Cinquestelle. ll 4 marzo hanno fatto il botto, il risultato più alto tra tutte le regioni italiane, il 42,5 per cento. Ora nei sondaggi sono al 22-26 per cento. Hanno perso un mare di voti. Francesco Desogus, il candidato governatore grillino, sa bene che M5S non ha alcuna possibilità di vincere. Ma ciò non gli impedisce di dichiarare: «Sul mio primo provvedimento non ho alcun dubbio: tagliare i vitalizi agli ex consiglieri regionali. Sono una vergogna cui centrodestra e centrosinistra non hanno voluto mettere mano. Noi lo faremo. Immediatamente». Se chiedesse consiglio all’alleato di governo a Roma e suo avversario in Sardegna, se chiedesse a Salvini, il leader lumbard gli spiegherebbe che i sardi di problemi ne hanno molti altri e molto più urgenti. E che è su quelli che si cercano i voti. Ma Salvini è il “capitano”; Desogus, uno scrupoloso e onesto funzionario del Comune di Cagliari.