«Sei mesi fa sono emerso dalle ombre della National Security Agency»… Comincia così la lettera aperta al popolo brasiliano scritta da Edward Snowden e pubblicata ieri sul quotidiano Folha de Sao Paulo. In questo modo, l’ex consulente Cia che ha rivelato il Datagate, ha chiesto al governo di Dilma Rousseff di accoglierlo. In cambio, ha promesso il suo aiuto nell’inchiesta parlamentare in corso sulle attività occulte della Nsa in Brasile. L’estate scorsa, infatti, nel pieno del grande scandalo sulle intercettazioni illegali messo in campo dall’Agenzia per la sicurezza Usa, è emerso che il paese, le sue risorse e la stessa presidente erano spiati da anni. In America latina – ha rivelato Snowden – funzionavano basi di intelligence da cui gli Usa monitoravano i paesi considerati ostili, come Cuba e il Venezuela, ma anche i più stretti alleati, come Messico, Colombia e, appunto, il Brasile.
Lo scandalo ha indotto Rousseff ad annullare la propria visita negli Stati uniti – la prima di un capo di stato brasiliano da decenni -, prevista in ottobre. La presidente brasiliana si è poi fatta sentire all’Onu, unendo la propria voce a quella della cancelliera Angela Merkel, a sua volta intercettata dalla Nsa anche nel privato. Il Brasile ha adottato misure di sicurezza informatica per sottrarre le linee di fibra ottica dal controllo statunitense e annunciato per marzo un grande incontro internazionale sulla sicurezza con imprenditori, politici, e movimenti sociali. Un indirizzo più spinto, rispetto a quello adottato poco tempo prima, quando Snowden – imbottigliato al transito dell’aeroporto di Sheremetievo, a Mosca – aveva rivolto anche a Rousseff una richiesta di asilo politico. Sao Paulo aveva però fatto sapere «di non aver alcuna intenzione di rispondere», lasciando cadere la cosa.
Diversi paesi socialisti dell’America latina avevano invece aperto le porte all’ex tecnico informatico della Nsa, affrontando le ire di Washington. Il primo a farne le spese era stato il presidente boliviano Evo Morales. Di ritorno da Mosca, il suo aereo era stato obbligato ad atterrare a Vienna, a causa del divieto di sorvolo opposto da alcuni paesi europei, e Morales aveva dovuto subire pressioni inaudite, fuori da ogni protocollo, per il sospetto che potesse nascondere sul proprio aereo la «talpa del Datagate». Dai primi di agosto, Snowden ha ottenuto asilo temporaneo in Russia e vive in un luogo segreto. Le sue rivelazioni sulla sorveglianza informatica, messa in atto dall’intelligence Usa ma anche da quella britannica del Gchq hanno però continuato a scuotere le relazioni internazionali. Da un continente all’altro, si è acceso il dibattito sullo strapotere acquisito negli anni dalle agenzie per la sicurezza sotto l’ombrello della «lotta al terrorismo»: in violazione della privacy dei cittadini e alla sovranità degli stati.
Barack Obama, che ha fatto della trasparenza uno dei principali temi della sua campagna elettorale, ha promesso di riformare l’intelligence e ha dato al futuro vicedirettore della Nsa, Richard Ledgett, l’incarico di occuparsi del Datagate. Le dichiarazioni di Ledgett, subito smentite dagli alti vertici dell’intelligence, hanno persino lasciato intravvedere la possibilità di un’amnistia a Snowden: il quale – ha precisato Ledgett – ha avuto accesso a 1,7 milioni di documenti riservati. Lunedì, un tribunale federale di Washington ha ordinato al governo di distruggere i dati delle intercettazioni alla Verizon. Secondo la sentenza emessa dal giudice Richard Leon, le attività della Nsa sono «anticostituzionali», e si servono di «una tecnologia quasi orwelliana che consente al governo di memorizzare e analizzare i metadati telefonici degli utenti americani». Nell’attesa che il dipartimento di giustizia Usa presenti ricorso, il programma però rimane attivo.
«Oggi – scrive Snowden a Folha-, quando una persona carica un telefono cellulare a San Paulo, la Nsa può sapere dove si trova, e lo fa: fa questo 5.000 milioni di volte al giorno, con persone del mondo intero. Se una madre a Porto Alegre chiama per telefono suo figlio per augurargli buona fortuna per un esame presso le Nazioni unite, la Nsa può conservare il registro della chiamata per cinque o più anni». Questi programmi – continua l’ex tecnico informatico – «non sono determinati dalla lotta al terrorismo, ma dallo spionaggio economico, dal controllo sociale e dalla manipolazione diplomatica: dalla brama di potere». Poi, Snowden si rivolge al governo brasiliano, ma senza mai nominare direttamente Rousseff, per evitare di urtare il presidente russo Vladimir Putin che gli ha dato asilo: «Molti senatori – dice – mi hanno chiesto aiuto, e sono disposto a darlo. Purtroppo, però, il governo degli Stati uniti sta lavorando con ogni mezzo per impedire che questo avvenga, e continuerà a interferire finché un paese non mi concederà asilo politico permanente». La sua richiesta è stata subito appoggiata dal giornalista Glenn Greenwald, che per primo ne ha raccolto le dichiarazioni insieme a Laura Poitras e oggi vive, protetto, in Brasile con il suo compagno David Miranda.