Esiste davvero la Curlandia, o questa terra, di cui narra Eduard von Keyserling nel suo intenso racconto La sera sulle case (a cura di Giovanni Tateo, L’orma editore, pp. 208, euro 18,00), è frutto di fantasia? Esiste, fa attualmente parte della Lettonia, e il suo nome, soprattutto per chi vive a sud delle Alpi, accende la fantasia, che corre ai leggendari Cavalieri Portaspada, all’Ordine Teutonico. Evoca paesaggi di fiumi e laghi, di pianure a perdita d’occhio, di foreste: e di castelli sperduti. I Curi, gli originari abitatori della terra nei pressi del golfo di Riga, che chiamarono appunto Curlandia, scomparvero presto, assorbiti da Lettoni, Lituani e Livoni, e della loro lingua si è quasi persa ogni traccia.
Abendliche Häuser (questo il titolo originale del racconto di Keyserling) cominciò a essere pubblicato a puntate nel 1914 sulla Neue Rundschau, prestigiosa rivista letteraria che era solita accogliere contributi letterari importanti (da Arthur Schnitzler a Thomas Mann).

Iscritto a quelle che vengono convenzionalmente chiamate «Storie del castello», il racconto di Keyserling si distribuisce in quattro avite dimore, all’autore ben note in quanto appartenente a quella nobiltà terriera, di origine tedesca, che abitava nella regione baltica contesa a più riprese da potenti vicini. Terz’ultimo di dodici rampolli, Eduard era nato nel 1855 ma lasciò la sua terra per soggiornare prima a Vienna e poi a Monaco, dove, a occuparsi di lui, e del suo corpo malato e destinato prima alla cecità e poi alla paralisi, furono due sorelle. Alla sua morte, nel 1918, lasciò un corpus di scritti che cominciarono a interessare gli storici della letteratura e, di conseguenza, il pubblico: da noi (nel 2018) L’orma aveva pubblicato la traduzione di un altro suo romanzo: Nell’angolo di quiete.

Piana e pacata come i territori d’origine del nobile Eduard, la prosa di «La sera sulle case» si avvolge di metafore e di paragoni che richiamano soprattutto sensazioni visive e auditive, ma nascondono anche una irrequietezza profonda: la generazione dei figli avverte il peso di quella dei padri e si dibatte tra la fuga, l’accettazione di principî il cui significato si va dileguando, e un’opposizione che si trasformerà in vera e propria ribellione.

Fra i personaggi femminili, Gertrud è una creatura travolta dalla propria eccitabilità per la musica, che rientrata al castello dopo il fallito tentativo di presentarsi sulla scena di una città lontana come cantante. Del tutto diversa da lei, Fastrade è dotata di una sensibilità nervosa che ha una speciale consistenza, è capace di amare con compassione, ma determinata a decidere chi e fino a quando, a fronte del padre, il Barone von Warthe, che la vorrebbe custode di una immobile tradizione, nel castello di Paduren. Esemplare il colloquio in cui Fastrade «spiega» al suo fidanzato, che l’ha tradita, le motivazioni per cui lo lascia. La sua è una decisione «tranquilla» quanto immodificabile: il contratto è infranto e il sentimento, pure esistente, soggiace alla volontà di carta e sigilli, una volontà così simile a quella del genitore.

L’atmosfera della sera che scende e poi si distende su tutto il paesaggio della mitica o reale Curlandia, una atmosfera che von Keyserling sa così bene evocare, si diffonde penetrando corpi e anime e restituendo alla perfezione lo spirito estatico dei personaggi, indistinti nel loro vagare in un tempo di nebbia che si avvia ormai a concludersi, mentre la prima guerra mondiale è alle porte.