Sono anni che la movida salentina fa scintille, le troupe si spostano sempre più numerose verso i luoghi di Finis terrae, spesso sorprese da quello che trovano, altre volte solo per rubare qualche sprazzo di mare e uliveti.

Ma Edoardo Winspeare è stato il primo a cogliere da Pizzicata in poi lo spirito del Salento: lì entrava nel mistero delle antiche tradizioni, per poi affrontare in maniera profonda, film dopo film le connessioni tra classi sociali alte e fuorilegge, civiltà, misteri della fede e della ritmica.

«In grazia di Dio» è un modo di dire salentino che indica la pace nel cuore e negli occhi, la quiete dopo la tempesta, il ristoro dopo la calura, il meritato riposo e altro ancora: così si intitola l’ultimo film di Winspeare presentato al festival di Berlino ed in uscita nelle sale dalla prossima settimana. Un film che ci trasporta lontano dalla notte della Taranta in un’atmosfera amara della lunga crisi che qui, luogo separato dal mondo, non sarebbe mai dovuta arrivare, come non fu toccata quasi dalla guerra, che quando si sentivano spari erano i fuochi di qualche festa di santi patroni di paese, almeno così raccontano.

E invece la crisi è arrivata anche nel Salento

Il manifatturiero è del tutto scomparso. La maggior parte erano piccole aziende familiari messe su con i risparmi della Svizzera che fornivano i capi alle grandi aziende come Prada, Benetton, che negli anni 80 andavano bene ed sono tutte chiuse. Ora è stato tutto spostato in Cina. Lo so per esperienza perché nell’azienda di mio cognato lavorava tutta la sua famiglia.

Nel film c’è un ritorno alla terra di un intero nucleo familiare…

Sembra sempre che voglio raccontare del ritorno alla terra, ma semplicemente è la storia di una famiglia che affronta la crisi, è costretta a chiudere l’azienda e a vendere la casa. Loro cercano di inventare un nuovo modo di vita, senza romanticismo campestre. Anzi fra di loro c’è anche chi la odia la campagna e neanche Adele, la protagonista la ama particolarmente (la interpreta Celeste, mia moglie), solo la madre come succede da noi, si affida al Signore.

L’elemento religioso che nel Salento è così presente si esprime nel film fin dalla prima scena con la citazione del celebre quadro «L’Angelus» e poi con i riti mariani

Sarà perché abbiamo girato il film a maggio e a volte ho approfittato delle scene che vedevo come il rosario recitato per strada, ma è vero che da noi la religione è anche un collante sociale. Quello che ho potuto notare è che nella crisi si stanno riscoprendo i valori della solidarietà e, necessariamente, si è meno consumisti.

Cosa pensi della quantità di film che si girano in Salento?

Questo dipende dal fatto che la Film Commission dà il 20% dei soldi spesi sul territorio, è una buona cosa e poi piace il Salento. Questo comparto cinematografico pugliese che si è inventato Maselli dà lavoro a molte persone, credo un migliaio, tanto che certe volte non posso utilizzare i macchinisti che hanno lavorato con me perché sono sempre impegnati in altri film. Sono stati girati 150 film negli ultimi anni. Direi che non c’è ancora stato il capolavoro pugliese, quello che alimenta l’immaginario (Carmelo Bene a parte), però ora almeno la Puglia esiste, la gente conosce questa terra, mentre prima non esisteva.

Con Vendola sembrava che la crisi si sarebbe tenuta a bada

Non basta il buon governo rispetto a questa catastrofe e io penso che quello di Vendola è stato un buon governo, Principi attivi è andato bene. La Puglia non è la Sicilia né la Campania o la Calabria forse anche per merito di Vendola, perché i ragazzi hanno ricominciato a cantare, per la riscoperta delle radici. Io tengo molto alla mia terra, sono stato attento a non fare un film a tema, voglio raccontare vicende umane, ci sono molte cose prese dalla realtà. Quello che voglio dire è che se restiamo uniti riusciamo a fare qualcosa.