Caccia all’invito per i primi, attesissimi, «stati generali dell’editoria» previsti per il prossimo 25 marzo a Roma (ore 9, via santa Maria in Via 37).

Sul red carpet del governo però sfileranno solo sei, selezionatissime, «star» del settore: il sindacato dei giornalisti Fnsi, l’ordine dei giornalisti, gli editori Fieg, Uspi e Anso, le aziende dell’Upa (pubblicità).

Il presidente del consiglio Giuseppe Conte – come promesso a fine anno – introdurrà i lavori, che saranno aperti e chiusi direttamente dal sottosegretario all’Editoria Vito Crimi.

In mezzo una tavola rotonda che dà già più di una indicazione degli interlocutori prescelti dal governo.

Balza agli occhi, per esempio, l’assenza delle cooperative editoriali e della comunicazione (che almeno per il momento pare saranno relegate in platea ad ascoltare), del vastissimo mondo della piccola editoria cattolica e non profit, del mondo universitario e della ricerca, dell’industria in senso ampio.

Direttamente interpellati, inoltre, a Palazzo Chigi non hanno ancora svelato se i lavori potranno essere seguiti fisicamente dalla stampa e dagli operatori accreditati né se l’evento sarà trasmesso in streaming sui canali video della Presidenza del consiglio.

Rischia così di essere un convegno a porte chiuse e a inviti ultra-riservati.

[do action=”quote” autore=”dati Agcom – SIC 2017″]51% – La metà dei ricavi totali (8,84 miliardi) di tutto il settore della comunicazione (17,5 mld) va alle televisioni. Alla carta stampata il 21,5%[/do]

Il sottosegretario Crimi ha spiegato nei giorni scorsi il percorso: giornata introduttiva il 25 marzo, apertura di una piattaforma sul sito del governo in cui chiunque (anche singoli cittaddini) si possa esprimere su 5 super-aree:

  1. agenzie di stampa
  2. editori
  3. giornalisti
  4. mercato
  5. cittadini

Poi raccolta delle idee principali ed entro l’anno proposta al parlamento in un disegno di legge.

Il tutto somiglia molto, come rileva il professor Ruben Razzante su affaritaliani.it, al questionario pubblico sulla Rai aperto dal governo Renzi tre anni fa.

Quanto sia stato preso in considerazione e come è andata a finire la riforma è sotto gli occhi di tutti.

Brevi sull’editoria

Per dare soltanto un’idea, ecco una piccolissima selezione di notizie sulle difficoltà nel mondo dell’informazione.

Radio e tv locali, il governo non paga i contributi

Fnsi e Slc Cgil lanciano l’allarme sulle radio e tv locali.

Il governo infatti ha bloccato l’erogazione dei contributi alle piccole testate a causa del ricorso di 2 emittenti su 360.

«Nonostante la trasformazione in legge del Regolamento ministeriale per l’assegnazione dei contributi alle emittenti locali avvenuta a settembre 2018 – denunciano i sindacati – ad oggi alle emittenti in graduatoria è stato erogato soltanto il 50 per cento dei contributi relativi all’anno 2016, nulla dei contributi 2017 e 2018».

Tra corsi e ricorsi (le prossime decisioni sono attese il 27 marzo e 3 aprile) sono dunque a rischio migliaia e migliaia di posti nel settore.

Radio Radicale, la redazione chiede incontro urgente a Di Maio

Il comitato di redazione di Radio Radicale chiede un incontro urgente al ministro per lo Sviluppo Luigi Di Maio.

La scadenza della convenzione con lo stato prevista per il prossimo 21 maggio, infatti, mette a serio rischio il proseguimento dell’attività della storica emittente.

Nel Centro di Produzione s.p.a. rischiano di saltare i posti di lavoro di circa 100 persone tra giornalisti, tecnici, personale amministrativo e archivisti a cui si aggiungono collaboratori e indotto.

Il governo, nell’ultima manovra approvata il 30 dicembre, ha disposto l’immediata soppressione della convenzione, con una perdita secca per la radio di circa 5 milioni di euro.

Francia, in sostegno ai freelance sindacati contro Mondadori

«In occasione della vendita di Mondadori France a Reworld Media, i due gruppi pretendono di limitare ai soli giornalisti professionisti dipendenti l’esercizio della cosiddetta ‘clausola di cessione’ e di escludere gli oltre 500 giornalisti freelance di Mondadori France».

È la denuncia del sindacato francese Snj Cgt che in una nota denuncia la «nuova linea rossa attraversata da questi due gruppi».

La ‘clausola’ disciplinata dall’articolo L7112-5 del Codice del lavoro riguarda tutti i giornalisti professionisti, compresi quelli pagati come freelance.

«Intendiamo far valere questo diritto con tutti i mezzi – scrivono i sindacati – e porre fine agli eccessi inaccettabili dei gruppi editoriali».

Pechino-Roma, a Crimi piacciono i media di stato cinesi

Oggi 19 marzo a Roma, al Maxxi, per celebrare l’arrivo del presidente cinese Xi Jinping (a Roma da giovedì sera) si terrà un interessante incontro, con la partecipazione del ministero dell’informazione cinese.

L’argomento: le partnership tra Cina e Italia nel settore dei media. Si prevede infatti che alcuni gruppi editoriali cinesi formalizzeranno accordi con quelli italiani, come ad esempio il Sole24ore.

Tanti gli ospiti, da Jiang Jianguo, il vice ministro della comunicazione del Pcc (cioè la propaganda), l’ambasciatore cinese in Italia, l’immancabile Michele Geraci e infine Vito Crimi, il castigatore dei contributi statali alla stampa.

Ma se lo stato è la Cina? Va bene.

Aggiornamento del 21 marzo ore 17

La presidenza del consiglio ha aperto le procedure di accredito a giornalisti, fotografi e operatori.