«Siamo orgogliosi che il governo abbia voluto iniziare con la Fnsi gli incontri con il mondo dell’informazione», dice Raffaele Lorusso, segretario nazionale del sindacato dei giornalisti. «È l’inizio di un percorso serrato tra Palazzo Chigi e parti sociali, al termine del quale ci aspettiamo fatti concreti», aggiunge il presidente Beppe Giulietti in una conferenza stampa convocata al termine del primo incontro con il neosottosegretario all’Editoria Andrea Martella.

Dopo i tagli, le polemiche e gli insulti registrati sotto il dicastero di Vito Crimi «l’aria è cambiata», spiegano i vertici del sindacato, che non nascondono nessuna delle difficoltà in cui si dibatte tutto il mondo dell’informazione, dalle agenzie e tv nazionali fino ai giornali diocesani.

Il sottosegretario pentastellato lascia macerie e una montagna di questioni irrisolte. L’azzeramento del fondo per il pluralismo a sostegno dei giornali in cooperativa, di idee e non profit (come il manifesto) è solo la punta dell’iceberg. «Fino a pochi giorni fa si diceva: commissariamo l’Inpgi, chiudiamo l’ordine, lasciamo morire i giornali, oggi il discorso è finalmente un altro – spiega Giulietti – sindacato, editori e governo si confronteranno per superare le difficoltà che ci sono in Italia e in tutto il mondo».

Le richieste del sindacato non cambiano a seconda dei governi. Il catalogo è questo:

  • moratoria dei tagli al pluralismo e ripristino dei contributi diretti,
  • soluzione stabile per Radio radicale e per le agenzie di stampa,
  • misure efficaci contro il precariato giornalistico,
  • allargamento immediato almeno dei comunicatori pubblici al sistema Inpgi,
  • via libera del governo alla legge Verini contro le querele-bavaglio (è alla camera),
  • recepimento della direttiva Ue sul copyright (di cui Crimi non voleva sentir parlare),
  • tassazione adeguata degli «Over the top» (Facebook, Google e soci nel 2018 hanno incassato in Italia 2,2 miliardi di euro di pubblicità, più di tutta la carta stampata messa insieme),
  • tutele e protezione ai cronisti minacciati dalle mafie.

In cima a tutto, però, c’è il lavoro dei giovani giornalisti e dei precari. Gli editori hanno già chiesto al governo nuovi fondi per i prepensionamenti, un’ipotesi sulla quale il sindacato non fa muro ma se attuata come in passato significherebbe il crollo del settore.

A corso Vittorio stimano 700 giornalisti prepensionabili e oltre 1000 posti di lavoro a rischio nelle testate che ricevono i contributi pubblici. Sarebbe una decimazione delle redazioni, perciò prima di parlare di uscite stavolta bisognerà prima approvare gli incentivi al «ricambio generazionale» in entrata.

«Non possiamo più tollerare giornalisti senza diritti pagati 5 euro a pezzo, gli editori devono investire nelle redazioni e nel lavoro stabile e retribuito secondo l’articolo 36 della Costituzione», avverte Lorusso. «C’è un mercato del lavoro patologico – conclude Giulietti togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa all’interno del sindacato – cambia il governo ma non cambiano le nostre idee, noi non abbiamo governi amici, sono altri i sindacalisti che si innamorano dei governi».

Sugli orientamenti del sottosegretario se ne saprà di più oggi, nel convegno organizzato in senato dai periodici associati all’Uspi (sala Koch dalle 10) che sarà il debutto pubblico di Martella in una platea di editori.