«Niente shock al sistema» ma «un intervento graduale su tutto il sistema dei contributi all’editoria, diretti e indiretti», assicura il sottosegretario Vito Crimi illustrando alla commissione Cultura della camera il suo programma.

In una relazione letta riga per riga in circa mezz’ora, Crimi ha riconosciuto – senza citarlo – il lavoro fatto dal suo predecessore Luca Lotti sui nuovi criteri più rigidi per i contributi diretti entrati in vigore quest’anno.

«I fasti del passato sono un mero ricordo», ammette il sottosegretario, rivendicando ai 5 Stelle il merito di una sostanziale vittoria politica (oggi i contributi diretti alla stampa sono pari a 58 milioni di euro in tutto; per le radio e tv locali sono 178).

È però sul futuro che la trama si infittisce fino a diventare fumosa.

«I vari strumenti del sostegno pubblico – dice – non sono stati proficuamente utilizzati dagli editori per un corretto accompagnamento verso le nuove frontiere dell’innovazione». Non un dato, né un contesto su cui ragionare. Neanche domande dei deputati, rinviate ad altra seduta.

In una relazione molto istituzionale non è mancata qualche punta sgradevole.

Come la citazione esplicita di 5 testate: Avvenire, Libero, Italia Oggi, il Foglio e il manifesto accusate di essere una «anomalia» che assorbe il 31% dei fondi stanziati per i contributi diretti e, soprattutto, di causare una «asimmetria concorrenziale oggettiva» con gli altri quotidiani.

E’ una antica e desueta tesi della Fieg, l’associazione dei grandi editori, e sorprende trovarla pari pari in una relazione di un sottosegretario del Movimento 5 Stelle.

Una tesi che non si sentiva da tempo, viste le sinergie industriali su stampa, distribuzione e trasporti che ormai sono moneta corrente nell’agonico panorama cartaceo italiano.

A quale giornale faccia concorrenza sleale il cattolico Avvenire o il comunista manifesto non è dato sapere. Ma certo l’inserimento del Foglio nella cinquina sembra una maligna ossessione a 5Stelle.

Già il portavoce del presidente del consiglio, Rocco Casalino, nei giorni scorsi si era preso la libertà di minacciare pubblicamente un cronista del Foglio con uno scherzo di pessimo gusto di cui poi si è scusato.

Ma ora il piazzamento del Foglio nella lista delle grandi «anomalie» è del tutto arbitrario: con i suoi 802mila euro di rimborsi è soltanto al 21mo posto, dopo testate di ogni tipo e latitudine, anche molto conosciute.

Crimi ha poi tratteggiato un mondo a suo dire virtuoso rappresentato dalla stampa locale (1600 addetti e 95 milioni di copie diffuse) quasi contrapponendola alla (poca) stampa nazionale (rimasta). Non rendendosi conto, forse, che è proprio un confronto simile a mettere a rischio il pluralismo.

Pur con molte cautele, il sottosegretario qua e là ha lanciato qualche idea. Che a volte sembra coincidere con i desideri di una parte della Fieg: lo spostamento dei contributi pubblici «dalla domanda all’offerta», una sorta di finanziamento dello stato «non più agli editori ma ai lettori».

Un bonus per gli abbonamenti tutto da decifrare: «È possibile modulare tale intervento – spiega – individuando un target di fruitori (giovani, studenti, anziani) oppure un target di prodotti editoriali (ad esempio quelli che soddisfano i già rigidi requisiti per l’accesso alla contribuzione diretta) e le modalità (sconto applicato dall’editore, contributo diretto, voucher, detrazione d’imposta)» (leggi qui un documento Fieg del 2008).

Altro desiderio Fieg che qualche manina ha inserito nella relazione del sottosegretario è la «revisione dei tetti pubblicitari». Un’apertura tutta da decifrare e peraltro contraddittoria con l’annunciata bocciatura dei bandi di gara sui quotidiani.

Il sottosegretario ha poi affrontato velocemente anche il sistema delle agenzie («devono stare sul mercato»), il nodo della rete («no a bavagli»), la crisi delle edicole, le difficoltà dei giornalisti precari pennellando idee di massima.

«In ogni caso – assicura – nella riforma tutto sarà graduato e reso indolore», le imprese «avranno il tempo per adattarsi». Sarà.

Ma non rassicura certo il fatto che nella prima versione del decreto dignità proprio il fondo al pluralismo di Crimi era stato appostato a copertura.

Tra le altre proposte avanzate l’obbligo di rendere nota con chiarezza presso l’Agcom l’effettiva titolarità delle testate (che l’authority non pubblica più dal 2013, ndr) e il ripristino del limite antitrust anche a livello regionale abolito dalla legge Gasparri (citato esplicitamente il caso di Athesia, monopolista verticale assoluto in Trentino-Alto Adige).

[do action=”quote” autore=”Sergio Mattarella”]«L’informazione non è un prodotto ma un diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione. Ha bisogno di sostegno, funzionale ad assicurarla in concreto»[/do]

Sul tema è intervenuto dal Quirinale anche il presidente Sergio Mattarella. Il capo dello stato, durante la cerimonia del Ventaglio, ha ricordato che l’informazione «non è un prodotto ma un diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione. La libertà di informazione e i diritti che vi sono collegati» hanno bisogno di «sostegno, funzionale ad assicurarla in concreto».