È stato negli anni ottanta che quella che allora si usava chiamare la «nuova musica africana» salì prepotentemente alla ribalta internazionale, come la più grossa componente del più generale fenomeno della world music che stava emergendo.
Uno degli album che fecero da apripista nel portare il verbo della nuova musica africana al pubblico europeo e americano fu The Pace Setters, della band del Ghana Edikanfo.

Edikanfo significa i leader, i battistrada, e con questo nome il gruppo manifestava un’ambizione rispetto alla scena di casa propria: per il titolo dell’album, destinato al mercato internazionale, si pensò di tradurre il concetto in inglese, e un ruolo di battistrada, rispetto alla prima, larga divulgazione fuori dal continente della musica africana moderna gli Edikanfo effettivamente si trovarono a svolgerlo.

I FATTORI alla base della diffusione dell’album furono diversi: The Pace Setters uscì nell’81, proprio all’inizio dell’onda della nuova musica africana, quando la curiosità era tanta e gli album in circolazione per soddisfarla ancora pochi; l’Lp fu pubblicato dall’etichetta britannica E.G. Records, che aveva iniziato facendo uscire nel ’69 il fortunatissimo primo album dei King Crimson; infine, ad attirare l’attenzione fu il nome del produttore, Brian Eno, già allora una figura di culto: Eno era fresco delle collaborazioni con i Talking Heads per Remain in Light, uscito nell’80, e con il loro leader David Byrne per My Life in the Bush of Ghosts, uscito nel’81, due album che fecero epoca.

L’INTRAPRENDENTE manager di Edikanfo, Faisal Helwani, aveva letto sulla stampa che Eno era interessato alla musica africana, ed ebbe l’intuizione di invitarlo a lavorare all’album. Eno, già allora un fan dell’afrobeat di Fela Kuti – di cui è rimasto un devoto agitprop – accettò, e scese ad Accra, la capitale del Ghana.

Se si ascolta adesso il disco, ristampato per la prima volta grazie all’etichetta Glitterbeat – che ha ripreso esattamente il fronte della copertina, con in cima «Brian Eno Faisal Helwani Productions» – non si stenta a credere a quello che in un’intervista con cui accompagna la riedizione dell’album dice Gilbert Amartey Amar, bassista e membro fondatore di Edikanfo: secondo lui il contributo di Brian Eno, a parte forse qualche dettaglio suggerito qua e là, fu soprattutto tecnico, in studio, un campo in cui Eno eccelleva. «Eravamo un gruppo molto unito, provavamo quasi ogni giorno, e la nostra musica era già pronta», ricorda Amartey Amar.

The Pace Setters appare in effetti il lavoro di un gruppo che mette insieme molti elementi ma con una cifra stilistica ben definita e genuina: una vivace dinamica ritmico-percussiva si combina con una accattivante vena melodica; l’enfasi è sulle voci, usate in maniera corale e responsoriale, e sui fiati a fanfara, mentre la chitarra è poco protagonista; ed è tutta un’epoca il mix di highlife, la tipica musica moderna del Ghana, di afrobeat, ma senza i toni guerrieri di quello di Fela Kuti, di funk americano anni settanta, di suoni «spaziali» del sintetizzatore, e di abbondanti, deliziosi accenti disco: la disco – come rievoca Amartey Amar – era il genere che allora andava di più nei club di Accra. Club che nella capitale del Ghana erano numerosi e animavano una vivace vita notturna.

Ma, secondo la testimonianza di Amartey Amar, la band, che era nata nel ’79, e che era guidata dal trombettista Osei Tutu, aveva una strategia che la differenziava dagli altri gruppi, e preferiva suonare soltanto in situazioni più grandi: «In stadi e grossi auditorium: ogni tre mesi facevamo un tour del paese, esibendoci unicamente in grandi spazi, e dando quasi esclusivamente veri e propri concerti».

L’INTERESSE per l’album sarebbe stato un’ottima premessa per una carriera internazionale di Edikanfo, che però fu stroncata sul nascere dal colpo di stato di Jerry Rawlings alla fine dell’81: il coprifuoco azzerò l’attività musicale, diversi membri della band andarono in esilio. I guai in realtà per la musica del Ghana erano cominciati già negli anni settanta, con il disastro dell’economia del paese che si intrecciava con una grande confusione sul piano politico: era proprio a questa crisi che Rawlings cercava di reagire.

La diaspora della musica si era indirizzata in una prima fase verso la Nigeria, poi, quando la situazione economica aveva preso anche lì una brutta piega, verso l’Europa e il Nord America. Ma data la condizione di debolezza con cui la musica del Ghana si affacciava sul nuovo decennio, nemmeno la presenza di musicisti ghaniani in Gran Bretagna, Germania, Canada e Stati Uniti le consentì di surfare sulla cresta dell’onda della nuova musica africana: paradossalmente proprio la musica di un paese che nei decenni precedenti era stato fondamentale nell’evoluzione della musica africana moderna perse sostanzialmente l’appuntamento con gli anni ottanta.

NELL’81 per Edikanfo c’erano anche in programma concerti in Europa: adesso Edikanfo è stato ricostituito, e ha provato in vista proprio di un tour europeo, che con quarant’anni di ritardo potrebbe ora realizzarsi, coronavirus permettendo.