Il menestrello britannico del pop, capelli rossi, viso paffuto e l’espressione perennemente impacciata, fa il pieno anche in Italia e conquista con il suo terzo album – Divide – la testa delle classifiche annuali diramate ieri dalla Fimi, che per la prima volta dopo 17 anni (ultimi i Beatles con il best No. 1), ripropongono in vetta alla hit italiana un artista straniero. Tre dischi di platino – ovvero oltre le 150 mila copie – dieci milioni e mezzo di copie complessive piazzate in tutto il mondo, 3 miliardi di riproduzioni in streaming, si è preso il lusso anche di trasformare il singolo Perfect – pubblicato a dicembre in una versione con Beyoncé e Bocelli – nella Christmas song 2017. Nella hit riepilogativa italiana ha lasciato a distanza a distanza la coppia J-Ax e Fedez, «l’amicodimaria» Riki terzo, la coppia Mina Celentano (prima nel 2016) e Ghemon.

Report che arrivano al termine di dodici mesi assai confusi sul fronte delle rilevazioni nei negozi (sempre meno) fisici, in quelli virtuali e soprattutto per quanto concerne lo streaming. La Fimi aveva infatti deciso a fine primavera di «rivoluzionare» il sistema di elaborazione dei dati, inserendo per la prima volta – e come già accade da un paio di anni nelle hit di Billboard e in quelle britanniche – gli ascolti in stream, gratuiti e non. Svolta che ha determinato un capovolgimento di valori proponendo per la prima volta all’attenzione delle hit artisti come Calcutta, Sfera, Ghali o Coez. Ma la rivoluzione è già al suo… Congresso di Vienna. Una sorta di Restaurazione arrivata dopo le proteste di alcune case discografiche che lamentavano i troppi ascolti gratuiti disponibili sulle varie piattaforme, poco «adempiente» sul fronte dei pagamenti dei diritti d’autore. Detto fatto, a partire dalla prima classifica 2018 non considererà più validi i dati relativi agli utenti che accedono gratuitamente gli stream delle piattaforme Spotify, YouTube, Deeser e Apple Music.

Una decisione che ha creato un coro di critiche negative da parte di piccole etichette e addetti ai lavori perché, giusto per fare un esempio,oltre la metà degli utenti di Spotify non ha un account a «pagamento» e solo una minoranza determinerà quindi le classifiche, lasciando fuori buona parte degli artisti seguiti dalle nuove generazioni.