Conto alla rovescia per Julian Assange. Il presidente ecuadoriano Lenín Moreno starebbe per revocare la protezione decisa dal suo predecessore Correa, e consegnare l’australiano (che ora è anche cittadino ecuadoriano) agli inglesi. Forse questa stessa settimana. Assange vive dal 2012 rinchiuso nell’ambasciata ecuadoriana a Londra grazie alla concessione dell’asilo politico da parte di Correa.

La notizia la dà l’ex giornalista del Guardian, Glen Greenwald, fondatore del sito Intercept e famoso per aver fatto conoscere Edward Snowden, il whistleblower americano che ha rivelato al mondo lo spionaggio massiccio dei servizi segreti americani.

I rapporti di Assange con il nuovo inquilino del palazzo Carondelet di Quito sono problematici da mesi. A maggio il Guardian ha rivelato che l’Ecuador ha speso ben 5 milioni di dollari per controllare tutte le visite ricevute in ambasciata dal fondatore di Wikileaks (originariamente sembra per proteggerlo da un possibile tentativo inglese di arrestarlo).

Assange era sfuggito alla polizia inglese che l’aveva detenuto su richiesta della Svezia. A Stoccolma era stato denunciato per stupro da due ragazze, ma l’inchiesta svedese è stata archiviata l’anno scorso. Le autorità inglesi, però, sostengono che avendo Assange infranto l’ordine di non lasciare il paese, se dovesse uscire dall’ambasciata verrebbe comunque arrestato. Il timore di Assange è sempre stato che le autorità inglesi o svedesi in realtà siano d’accordo con gli Stati uniti che già dai tempi di Obama lo vorrebbero processare per aver pubblicato documenti segreti, anche se ufficialmente non ne è mai stata richiesta l’estradizione.

Moreno è da tempo infastidito dal caso Assange, «un sassolino nella scarpa» e «un problema ereditato», come ha detto. A marzo gli ha fatto tagliare internet perché avrebbe infranto la sicurezza delle comunicazioni dell’ambasciata e perché la Spagna avrebbe protestato per la sua difesa su Twitter della causa catalana e contro i pestaggi della polizia spagnola il primo ottobre.

Il presidente ecuadoriano, su una sedia a rotelle dal 1998, è a Londra per parlare oggi a un convegno sulla disabilità, ma Greenwald sostiene che il vero obiettivo del viaggio è negoziare con gli inglesi la consegna dello scomodo ospite. Il viaggio di Moreno prosegue sospettosamente alla volta di Madrid, dice Greenwald.

Se sotto Obama il ministero della Giustizia era cauto nella formulazione delle accuse allo «spifferatore di segreti» per timore di scontrarsi con la questione della libertà di stampa (le rivelazioni di Wikileaks vennero pubblicate da grandi giornali), scrive ancora Greenwald, oggi l’esecutivo statunitense ha molte meno remore. In più, con il sospetto che dietro alla diffusione delle famose mail dello staff di Hillary Clinton ci fosse proprio Assange, molti democratici non avrebbero remore ad appoggiare l’arresto di Assange. Secondo il giornalista, nel caso migliore, Assange passerebbe in un carcere inglese almeno un altro anno, se non tre, in attesa delle decisioni dei giudici sulla più che probabile richiesta di estradizione degli Stati uniti. Il tutto, sottolinea Greenwald, senza che sia mai stato né accusato, né tanto meno condannato per alcun crimine. Nel 2016 un comitato dell’Onu aveva definito “detenzione arbitraria” quella di Assange da parte degli inglesi. Intanto la tedesca Heike Hänsel, vicepresidente del gruppo parlamentare della Linke, ha chiesto ieri al governo tedesco di concedere all’australiano asilo politico.