Proprio nel suo momento di maggiore forza – dopo il grande successo elettorale ottenuto il 7 febbraio, con il ballottaggio presidenziale mancato di un soffio -, il movimento indigeno rischia di spaccarsi. Decidendo infatti di ignorare la scelta del «voto nullo» da parte del consiglio della Conaie (Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador), il suo presidente Jaime Vargas ha deciso di appoggiare Andrés Arauz, il delfino dell’ex presidente Rafael Correa, al secondo turno delle presidenziali di domenica.

DURANTE LA VISITA del candidato della Unión por la Esperanza alla provincia di Sucumbíos, Vargas è uscito infatti allo scoperto, garantendo ad Arauz «il sostegno assoluto» di tutti i popoli indigeni dell’Amazzonia ecuadoriana, quelli riuniti nella Confeniae (Confederazione delle nazionalità indigene dell’Amazzonia), di cui era presente anche il presidente Marlon Vargas.

Proprio assoluto, però, tale sostegno non sembra essere, dal momento che il responsabile della comunicazione della stessa Confeniae, Andrés Tapia, ha invece assicurato il rispetto delle decisioni «assunte collettivamente» a favore del voto nullo, dopo il rifiuto da parte del Consiglio nazionale elettorale di procedere al riconteggio delle schede contestate dal candidato indigeno Yaku Pérez.

Una decisione, quella di Vargas, che ha provocato un terremoto all’interno del mondo indigeno. Di «tradimento» ha parlato non a caso Cecilia Velasque, la vice-coordinatrice di Pachakutik, il braccio politico della Conaie che tuttavia ha rischiato a sua volta di creare una frattura insanabile all’interno del movimento indigeno imponendo alla base la candidatura di Yaku Pérez.

Critico nei confronti di Vargas è stato anche il responsabile della comunicazione della Conaie Apawki Castro, individuando la forza del movimento «nelle decisioni collettive della struttura organizzativa»: le elezioni passeranno, ha detto, «così come i leader e le loro scelte personali. La nostra lotta andrà invece avanti contro la destra, da qualunque parte si trovi».

NON È STATO DA MENO Carlos Sucuzhañay, il leader della Ecuarunari, la più importante delle tre componenti della Conaie, di cui fanno parte anche la Confeniae e la Conaice (Confederazione delle nazionalità della costa): «Jaime Vargas ci ha ingannato», ha dichiarato Sucuzhañay, denunciando «il pronunciamento arbitrario e irresponsabile» del presidente della Conaie, colpevole di non aver «mai consultato le basi prima di decidere». E annunciando provvedimenti nei suoi confronti da parte della Ecuarunari, della Conaice e di Pachakutik.

Molto duro anche il commento della leader ambientalista Nina Gualinga, nipote della dirigente kichwa del popolo di Sarayaku Patricia Gualinga, che recentemente, proprio sulle pagine di questo quotidiano, ha ricordato la criminalizzazione del suo popolo e di tutto il movimento indigeno in lotta contro il modello estrattivista da parte del governo Correa.

«Così corta è la tua memoria, Jaime Vargas?», ha scritto Nina su Twitter: «Hai già dimenticato gli assassinii di Freddy Taish, Bosco Wisum, José Tendetza (attivisti ambientali shuar uccisi sotto il governo dell’ex presidente per la loro opposizione ai progetti minerari, ndr) e la persecuzione e i costanti attacchi a donne, difensori dell’ambiente e leader indigeni?».

LA FRATTURA DELLA CONAIE, o almeno di una buona parte di essa, con il correismo appare, insomma, difficilmente ricomponibile. Il movimento indigeno non perdona all’ex presidente di aver perseguito a qualsiasi costo lo sfruttamento su larga scala delle risorse minerarie, fino al punto di indicare «il radicalismo di sinistra, l’ecologismo e l’indigenismo infantile» come i maggiori nemici della sua “Rivoluzione Cittadina” e di scatenare una persecuzione sistematica di dirigenti sociali come lo stesso Yaku Pérez, finito in prigione addirittura quattro volte.