Affinità elettive

Per avere un’idea della potenza distruttiva di un 7.8, basti pensare che il terremoto che rase al suolo l’Aquila nel 2009 registrò “solo” 5.8, così come nella tragedia di Accumoli e Amatrice.

Dai rilievi Gps sul territorio, il sisma ecuatoriano ha abbassato la costa pacifica del paese di 5 mt. L’energia scaturita equivale a quella di una bomba ad idrogeno, cioè 100 volte l’esplosione di Hiroshima. 25.000 edifici civili distrutti, in toto o parzialmente. Una cinquantina di hotel, tra Manta, Portoviejo, Pedernales, sbriciolati come biscotti. Una triste analogia con il sisma aquilano, scaturisce dalle ispezioni post-terremoto, rilevando le falle sui materiali impiegati: scarsità di cemento in rapporto all’eccesso di sabbia per il calcestruzzo; la mancanza di plinto, il supporto prismatico di rinforzo per la colonna portante degli edifici, è la stessa scoperta dopo il crollo della Casa dello Studente, che ne uccise una decina. 227.000 i fabbricati difettosi; solo in Manta, sono 5.000 le case bollate, sigillo rosso (inabitabile) giallo (a rischio). Aiuti internazionali da parte di America Latina e Cina, che han fatto il grosso, oltre a Spagna, Giappone e Stati Uniti; 400 milioni tra viveri, acqua, tende e medicine. Riguardo ai finanziamenti per ricostruire, 2 miliardi lo Stato li ha recuperati dal settore privato: aumento dell’IVA dal 12% al 14%, e sovrattassa di 0,9% sui patrimoni superiori al milione. Banco Desarrollo América Latina e Banca Mondiale han prestato 650 milioni, il FMI ne ha messi altri 400. Il resto lo fa la Cina, a tassi agevolati, ottenendo in cambio un abbassamento dei dazi doganali sui veicoli importati in Ecuador.

Damnificados di serie B

Il nocciolo del problema non è quello degli aiuti, i magazzini di Quito sono pieni di viveri e tende in gran numero, donate da UNHCR e Cina, già dispiegate sul territorio; bensì l’errata ripartizione, che favorisce alcuni a scapito di altri. Gli ostelli governativi ospitano circa 60.000 damnificados (terremotati) su un totale di 150.000: gli altri sono assistiti sul posto. Molti non hanno voluto abbandonare le macerie delle loro case, onde evitare di essere depredati dei beni superstiti.
Le contraddizioni si evidenziano a Manta, Playa Tarqui, dove, alternati a tende cinesi solide e spaziose, sfilano orrendi accrocchi di teloni neri rattoppati da cartoni e stracci, dove sopravvivono in condizioni pietose decine di famiglie; il caldo soffocante, e un mix di sabbia e polvere delle macerie, rende la vita assai amara. Alcuni anziani nella parte alta, lamentano di non aver mai visto nessuno. Contrasti che si evidenziano ancora più stridenti uscendo dalla zona zero; nella parte residenziale de la Ciudadela Mediterráneo e Flavia Rey, dopo l’università laica, non c’è traccia delle sofferenze post-sisma; negozi, supermarket, bar e night club sfilano sfavillanti, frequentati dai turisti e dalla minoranza bianca che può permettersi di pagare un drink 5 o 10 dollari, godendo in pieno della Vida Alegre che Manta offre.

A Barrio Miraflores, gli squilibri maggiori; ci sono famiglie che ricevono anche 3 consegne alla settimana, e loro dirimpettai inferociti che non hanno mai visto un pacco.

Viaggiando lungo la statale Nord verso la Colombia, passando per la tendopoli che ospita i superstiti del pueblodi Canoa, si arriva all’epicentro del terremoto, Pedernales.
A Brisa Pacifica, si arrabattano tra detriti e cani randagi, famiglie con viveri scarsi e poche tende; molti sfruttano le stesse macerie, rinforzate da bandoni in lamiera e materassi, per trovare riparo.

La direttrice delle Relazioni Estere Nathalie Ramirez, se la prende con le Ong che si muovono poco e male sul territorio, sovente visitando le stesse comunità già rifornite dagli aiuti governativi, saltandone a piè pari altre. Non ha tutti i torti; a pochi metri da qui, il tendone immacolato di UsAid è deserto, nessun operatore disponibile, né terremotati all’interno Miduvi(Ministero sviluppo urbano e abitativo) ha stanziato un bonus di 10.000 dollari per famiglia, ai fini di ricostruire su un terreno a norma sismica o in alternativa, un prefabbricato di 40 mq. dello stesso valore.

Portoviejo dopo l’apocalisse

Nella capitale di Manabì, lo scenario apocalittico nella zona zero è da film di guerra: strade invase da fanghiglia nera e detriti, costeggiano i negozi sventrati. Moncherini di palazzi spezzati di uffici e banche, penzolano minacciosi, a rischio crollo in qualsiasi momento. Colpito a morte il centro commerciale, che insieme alla spiaggia di Manta era il cuore del negocio costiero; perdite quantificate da Correa in 3 miliardi di Usd, il 3% del PIL. Sospeso il pagamento dell’Iva per le provincie coinvolte. Il militare che ci scorta nel tour, descrive i giorni della follia, che han fatto seguito alla prima scossa: negozi saccheggiati, camion di viveri assaltati, le ditte costrette a sospendere le consegne. Il nuovo ospedale di Manta, dopo il crollo, fu evirato dei suoi macchinari e delle scorte di medicinali. Secondo i soldati, le cifre delle perdite umane riportate, 660 più dispersi, sono per difetto; sarebbero almeno un migliaio in realtà, molti sepolti dai familiari senza essere denunciati all’autorità. Di buono c’è che la demolizione delle rovine è già in corso; il frastuono di ruspe e camion, musica soave per la gente, che intravede la speranza di avviare la ricostruzione entro la fine dell’anno. Lo spettro delle carriole aquilane va tenuto lontano.

L’eredità di Correa

Sono giorni duri per il presidente, al centro delle polemiche per l’aumento delle tabelle fiscali esposte da Ley plusvalia y herencia, la legge che regola la tassazione su donazioni e lasciti ereditari. Nel 2017 scade l’ultimo mandato costituzionale di Correa, che ha già dichiarato ironicamente “il paese ha bisogno di liberarsi della mia presenza, io un po’ pure del Paese”. Lascerebbe un’eredità pesante, a livello di riforme sociali che hanno contribuito a dimezzare il tasso di povertà, tassando i servizi bancari e supportando con i proventi del petrolio pensioni minime, donne single con figli a carico, e sanità gratuita, con garanzie di tutela del paziente a livello legislativo, in caso di negligenza dei medici. Recessione e disoccupazione, aggravate dai costi del terremoto, sono gli scogli che ora egli deve superare.

L’ultima sfida, prima del suo eventuale congedo.