François Hollande e il governo francese a guida socialista aspettano con rassegnazione il risultato delle elezioni tedesche di domenica. Hollande sa che dovrà con grande probabilità passare altri quattro anni – fino al 2017 – con Angela Merkel come partner principale. Tra i due paesi le differenze e le divergenze sono profonde, sia dal punto di vista economico che per quanto riguarda le scelte di politica internazionale, con la Germania grande potenza economica e la Francia in crisi che rincorre il mito della Grande Nazione in campo internazionale, dall’intervento in Mali dopo quello in Libia e, ora, la prospettiva di un’azione in Siria assieme agli Usa.

Non si puo’ dire che tra Angela Merkel e François Hollande ci sia mai stato un grande feeling, l’attuale presidente francese nel 2012 aveva fatto una campagna contro Merkel e il rigore in Europa, considerato un diktat tedesco. Addirittura, nell’aprile scorso c’era stata una mini-crisi diplomatica tra i due paesi, quando il Partito socialista aveva parlato di necessario “scontro” con Berlino, per ottenere un cambiamento della politica di austerità europea. Poi la Francia ha ottenuto da Bruxelles due anni di più – fino al 2015 – per far rientrare il deficit entro il 3% del pil (ora supera il 4%). Il clima si è così disteso, anche se il motore franco-tedesco, considerato il vero propulsore dell’Unione europea fin dalla sua nascita, funziona a rilento da anni. La Francia, in sostanza, come i paesi in crisi del sud Europa, spera in una “grande coalizione” in Germania dopo le elezioni di domenica, con la presenza dell’Spd al governo, per attenuare il rigore di Angela Merkel. In particolare, la Francia auspica che anche la Germania adotti il salario minimo, che permetterebbe di rilanciare i consumi (ma l’Spd propone 8,5 euro lordi l’ora, mentre in Francia lo Smic è a 9,40, e Merkel al massimo prevede dei minimi per categoria).

Sull’economia, il paragone è negativo per la Francia, ossessionata dai successi di Berlino e della sua competitività sui mercati mondiali: bilancia commerciale in attivo, mentre la Francia ha un forte deficit nelle esportazioni, bassa disoccupazione in Germania (5,4%) contro 10,5% in Francia (il divario diventa un baratro per la disoccupazione giovanile, tre volte inferiore oltre-Reno), deficit pubblici divergenti, con un surplus di bilancio di 8,5 miliardi in Germania, mentre la Francia non riesce a rispettare i parametri di Maastricht neppure sul debito pubblico, che esplode e che sta toccando il record dei 2mila miliardi. Un dato ossessiona Parigi: il peso della produzione industriale nella ricchezza nazionale, che in Germania resta il 23% e in Francia è all’11% (più basso che in Italia, 17% o addirittura in Gran Bretagna, 12%). Per questo, la scorsa settimana il governo ha varato un piano di rilancio industriale in 34 punti, una riedizione riveduta e corretta dell’antico colbertismo, nella speranza di rafforzare il settore industriale nei settori di punta e di aumentare l’occupazione. Nel presentare il piano sui 34 poli industriali, il ministro del Rilancio produttivo, Arnaud Montebourg, ha citato De Gaulle, e incitato a “mettere l’accento sui nostri punti forti, non disperdere le forze sui punti deboli, come Gamelin”, che era generale al momento della sconfitta del 1940. In Francia i riferimenti alla storia sono sempre presenti, in particolare quando si tratta di relazioni con la Germania (all’inizio di settembre, Hollande e il presidente tedesco Gauck si sono recati assieme a Oradour-sur-Glane, dove nel ’44 una divisione SS ha massacrato 642 persone).

La Libia ai tempi di Sarkozy, il Mali e ora la Siria con Hollande hanno messo in evidenza una profonda differenza tra Parigi e Berlino sul ruolo che l’Europa deve avere nel mondo. La Francia critica il pacifismo della Germania, che non ha seguito Parigi in nessuna di queste avventure. Angela Merkel ha aggiunto a fatica la sua firma al testo approvato al G20 da 11 paesi a favore di una “risposta forte” contro l’attacco alle armi chimiche in Siria del 21 agosto. La Francia rimprovera alla Germania un’attitudine “mercantilista” nelle relazioni internazionali, di privilegiare il commercio sulla diplomazia e sulla manifestazione di potenza, che per Parigi è intrinseca per un membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, potenza nucleare, anche se squattrinata. La Germania ribatte che è più efficace riformare l’economia e risanare i conti per ridare forza e potenza all’Europa nella mondializzazione.