Padre nobile dell’ambientalismo elbano, Umberto Mazzantini va subito al cuore del problema: «Questa storia del Faro di Patresi mi fa pensare che il nostro Stato continua a non aver coscienza della storia, oltre che della natura. Non ho preclusioni, ricchezze del genere possono essere gestite anche insieme ai privati, come sta facendo il governo di sinistra in Portogallo. Ma con paletti ben precisi, ad esempio senza toccarne la struttura, riportandola alle sue origini, al suo splendore. Se poi si pensa che lì sotto passano le balene, questo mi fa arrabbiare ancora di più».

Legambiente e Italia Nostra hanno definito il progetto come un eco-mostriciattolo. Concorda?
Mi torna come definizione. Prima di tutto perché prevede lo sbancamento del terreno, con una piscina che va a finire direttamente nel territorio del parco. In aggiunta il progetto, almeno nei rendering presentati al ministero della Difesa, contempla una completa trasformazione del profilo del faro. Mi sembra il minimo definirlo eco-mostriciattolo.

Contro il progetto hanno preso posizione anche le comunità locali; è un bel passo avanti rispetto a un passato anche recente, non le sembra?
Non succede sempre, ma almeno all’Elba sta accadendo sempre più spesso. L’associazione Amici di Patresi e Colle d’Orano è poi molto trasversale, ne fanno parte residenti dell’isola e vacanzieri, commercianti e albergatori. Dunque è un bene che si siano fatti sentire, con forza, verso l’amministrazione comunale. Del resto è successa la stessa cosa a Marciana Marina con la questione del nuovo porto: noi l’abbiamo definito senza mezzi termini un ecomostro, e poi è nato un comitato autonomo di cittadini che ha sfidato il vecchio sindaco alle elezioni. Vincendole, con una lista chiamata da tutti «anti-porto».

C’è una morale?
Sì, in questi ultimi trent’anni gli albani hanno capito, poco a poco, che la coscienza ambientale è importante. Inoltre, in questa specifica vicenda, c’è da considerare un aspetto altrettanto importante: il Faro di Patresi è uno dei simboli dell’isola e in particolare di tutti i residenti nel comprensorio di Marciana. Qui scattano altre dinamiche, di difesa di un patrimonio comune, anche storico oltre che ambientale.

E il ruolo delle amministrazioni pubbliche locali?
Purtroppo abbiamo spesso a che fare con una imprenditoria abbastanza spregiudicata, che cerca di forzare la mano. Però oggi all’Elba si discute di ambiente, nei bar, al mercato, nelle piazze. E le amministrazioni locali, pure di centrodestra in sette casi su otto, se ne sono accorte e cercano il confronto. Si tratta di una svolta che solo pochi anni fa sembrava impensabile.

Una vittoria di civiltà anche per le associazioni ambientaliste?
Certo, aiutata anche dal fatto che verso di noi, che eravamo piuttosto aggressivi, prima le amministrazioni andavano allo scontro diretto. E si facevano male. Alla fine l’hanno capita. Aiutate anche dai loro concittadini, che non li votavano più di fronte a progetti urbanistici davvero discutibili. Ora poi c’è stata anche la rinascita di Italia Nostra sull’isola, e questo è un aiuto ulteriore.

A proposito di progetti invasivi, nella vicina Val di Cornia, al di là del braccio di mare che separa l’Elba dalla terraferma, continuano ad essere molto gettonati. Le ultime notizie raccontano un rinnovato “dinamismo” del cemento, come se il turismo potesse sostituire l’industria…
Se pensano ai modelli degli anni ’60, ’70, e ’80, sbagliano di grosso. Un abbaglio economico, prima ancora che ambientale. Purtroppo all’interno del Pd c’è una deriva che va in questo senso, avvertibile anche nelle politiche ambientali regionali. La Toscana una volta era al vertice, ora non lo è più. Anzi sta finendo in coda.