Al vertice Ecofin di Milano più che i ministri economici europei lavorano gli uffici stampa. C’è da far rientrare la polemica tra il governo italiano e la nuova Commissione europea, il «falco» finlandese Jyrki Katainen – che è commissario uscente agli affari monetari, ma soprattutto vicepresidente della Commissione entrante – si fa intervistare e garantisce: «Ho un rapporto di collaborazione molto buono con Matteo Renzi». Il quale Renzi, da 800 Km di distanza, resta battagliero a parole. Attacca la «ubriacatura tecnocratica», assicura che «non è l’Europa che deve dirci cosa dobbiamo fare da grandi» ma «siamo noi che chiediamo conto dei 300 miliardi di euro», cioè il piano di investimenti annunciato dal nuovo presidente della Commissione Juncker. La giornata, però, finisce con Katainen che ripete esattamente lo stesso concetto del giorno prima, quando aveva provocato la reazione di Renzi, e cioè che «le riforme non bisogna solo progettarle ma anche realizzarle. Se hai la ricetta del medico ma non prendi la medicina non serve». E il vertice si conclude sì nel nome degli «investimenti per la crescita», ma non certo richiamando gli ipotetici fondi di Juncker, bensì gli «investimenti privati» da rilanciare. Saranno pure un miraggio, ma non mettono in discussione l’austerità.

Era difficile immaginare un’esito peggiore per il primo vertice importante organizzato dall’Italia nel suo semestre di presidenza Europa – che in pratica comincia con due mesi di ritardo. Quella che cala a Milano è una Commissione esaminatrice guidata dal solito rigore finanziario; a Roma si chiede di allinearsi non con le parole ma con i provvedimenti di legge. E sulle «riforme» si allunga definitivamente la regia di Bruxelles. Mario Draghi naturalmente non aveva parlato invano ad agosto, così andando via da Milano i governi dell’Unione concordano che sugli interventi «strutturali» – leggasi le controriforme del mercato del lavoro – ci dovrà essere una «supervisione comune» dell’Europa. Naturalmente in più «supervisionati» saranno i paesi con i conti non in linea – e sullo situazione italiana ha già emesso la sua sentenza la Bce, visto che la gabbia del Fiscal compact è assai più prossima delle famose «riforme». I cittadini italiani faranno anche «il tifo» per il governo, come si esalta Renzi da Bari, ma il governo deve trasferire all’Unione a guida conservatrice le scelte più importanti. Per Roma non c’è una tabella di marcia ufficiale, che sarebbe risultata un commissariamento troppo smaccato, visto che la nuova Commissione non è ancora in carica e dovrà conquistarsi anche i voti dei socialisti nell’Europarlamento. Però, spiega il ministro italiano dell’Economia, «bisogna accelerare ed essere credibili». Sarà Bruxelles a dire come e quando, ma questo – assicura Pier Carlo Padoan – è addirittura un bene, perché «il controllo europeo sulle riforme è uno strumento utile, è un controllo reciproco dei paesi tra pari che si scambiano esperienze, non è solo un elemento di disciplina ma anche di apprendimento». Che è come dire che l’Italia dovrebbe controllare un po’ la Germania e la Germania apprendere un po’ dall’Italia.

Intanto l’Ecofin si profonde in auspici di ripartenza, ma per la crescita non allenta neanche un euro di di spesa pubblica. «C’è stata una notevole concordanza sul fatto che c’è un problema a livello europeo di investimenti – racconta al termine il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco – e si è ragionato su come far ripartire soprattutto gli investimenti privati». Il rigore dei conti pubblici non si tocca, tutt’al più «stiamo pensando a misure che facilitino gli investimenti privati, possibili incentivi», chiarisce Padoan. Tutto qui. Forse un anticipo della legge di stabilità che il governo italiano dovrà presentare a metà ottobre: accanto ai tagli pesantissimi alla spesa pubblica (cioè a una nuova dose di austerità) aspettiamoci allora grandi speranze nella spesa privata, incentivi. Basteranno? A chi gli ricorda il baratro del prodotto nazionale e dell’occupazione, Padoan replica: «Sono ben al corrente dei dati macroeconomici, le risposte arriveranno con la legge di stabilità. All’Ecofin sono in veste di presidente di turno».