«Si informa che la piattaforma per il servizio di acquisto di crediti d’imposta non è attiva». La scritta campeggia da ieri sul sito di Poste Italiane spa, che ha fermato il servizio finora disponibile per privati, imprese e liberi professionisti, titolari di un conto corrente BancoPosta. Un servizio che ha acquisito importanza, per Poste come per tutti gli operatori del credito, in particolare grazie al «Superbonus 110%», ovvero alla misura dello Stato per promuovere la ristrutturazione edilizia, il recupero o il restauro della facciata degli edifici, la riqualificazione energetica, interventi per la riduzione del rischio sismico o per l’installazione di impianti solari fotovoltaici e di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici.

LA DECISIONE DI POSTE Italiane arriva a seguito della modifica che è stata apportata a fine gennaio dal Decreto Sostegni-ter all’articolo 121 del DL 34/2020, conosciuto come «Decreto Rilancio», che è andato a modificare proprio la possibilità di cessione del credito fiscale maturato a seguito di interventi di superbonus 110%, bonus facciate e tutti gli altri bonus edilizi, limitando a una unica occasione la possibile cessione del credito. L’intervento del governo rischia di azzoppare uno dei motori della ripresa economica del Paese e per questo tante forze politiche, dal M5S (promotori del Superbonus) all’Udc, chiedono un intervento urgente, un decreto correttivo. Contro il governo anche l’opposizione di Fratelli d’Italia («Quello che è successo oggi, con la chiusura della piattaforma delle Poste è di una gravità inaudita»).

Mettere il freno a mano al Superbonus sarebbe una sciagura secondo Aance e Confartigianao: al 31 dicembre 2021 secondo il rapporto Enea erano in corso 95.718 interventi edilizi incentivati, per circa 16,2 miliardi di investimenti che porteranno a detrazioni per oltre 17.8 miliardi. Si tratta di interventi che fanno bene all’ambiente, che vanno nella direzione della Trandizione energetica, ma che possono generare esternalità negative di tipo fiscale, che il governo ha scelto di limitare.

PER CAPIRE MEGLIO CIÒ che sta accadendo bisogna riassumere le modalità di «godimento» del Superbonus. La prima è una detrazione fiscale, applicabile nella tua dichiarazione dei redditi, pari alla somma che hai investito sul tuo immobile più il 10% ma distribuita nei 5 anni successivi al sostenimento delle spese.

LA SECONDA PREVEDE uno sconto in fattura, da richiedere all’impresa che esegue i lavori, per avere uno sconto fino all’ammontare delle spese indicate in fattura. L’impresa, in questo caso, diventa titolare di un credito d’imposta pari alla somma del valore di ogni intervento realizzato. Privati e imprese, però, possono scegliere (terza opzione) di cedere il credito fiscale a un istituto di credito, per recuperare immediatamente le spese.

IL PROBLEMA È CHE l’incentivo capace di stimolare la domanda e di creare occupazione nel settore dell’edilizia ha finito per creare un nuovo prodotto finanziario. I crediti d’imposta sono diventati una moneta “virtuale” che in assenza di limitazioni – come quelle introdotte – potrebbero essere oggetto di meccanismi infiniti di scambio, diventando uno strumento di tipo speculativo, com’è successo per i mutui subprime negli Stati Uniti d’America prima della crisi del 2008.

«Non vedo in che modo la scelta di bloccare questo tipo di cessione del credito d’imposta possa ritardare i lavori previsti dal Superbonus 110%. Il problema è senz’altro per i soggetti finanziari, che avrebbero probabilmente immaginavano di ‘impacchettare’ i crediti in nuovi prodotti da cartolarizza» commenta Alessandro Volpi, docente di Storia economia alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Pisa. A definire una «stortura» il vincolo relativo alla cessione del credito d’imposta introdotto dal Decreto Sostegni-ter è l’ANCE, l’associazione nazionale costruttori: gli associati, che hanno conquistato tanto clienti con il meccanismo dello sconto in fattura, temono probabilmente di trovarsi con eccessi di credito d’imposta da ammortizzare negli anni a venire.

IL PROBLEMA È CHE il Superbonus ha portato in tanti ad improvvisarsi imprenditori, per rispondere a un eccesso di domanda: su 5 mila imprese edili controllate «ben l’87 per cento è risultato irregolare in materia di sicurezza» ha scritto ieri su Twitter Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica. Se Poste e Cassa depositi e prestiti chiudono il servizio fino a un nuovo decreto, Unicredit e Intesa annunciano che andranno avanti.