Paolo ha 29 anni, è di Milano e non ha potuto lavorare in un hotel della riviera romagnola perché ha la pelle nera. Una storia cristallina, quasi da manuale, che parla di razzismo e che è certificata da un sms che non ha bisogno di troppi commenti. «Mi dispiace Paolo ma non posso mettere ragazzi di colore in sala qui in Romagna la gente è molto indietro come mentalità scusami ma non posso farti venire giù ciao».

Un messaggino che a Paolo è stato spedito il 18 giugno scorso quando, dopo contatti ripetuti via email e telefono e un accordo già trovato anche sul versante economico, l’albergatore ha chiesto al giovane milanese la carta di identità per perfezionare il contratto di assunzione. È solo a quel punto che salta l’accordo, quando Paolo aveva già le valigie pronte per prendere il treno e iniziare da lì a due giorni la sua stagione in riviera. L’accordo salta cioè quando l’albergatore, titolare di un hotel tra Cervia e Milano Marittima, si rende conto che Paolo, accento milanese, cittadinanza italiana e un buon curriculum nel settore alle spalle, ha la pelle nera.

Ora della questione se ne sta occupando l’ufficio vertenze della Filcams-Cgil di Ravenna, che ha denunciato pubblicamente il caso e conta di risarcire Paolo non solo per il danno economico, nell’ordine di qualche migliaia di euro, ma anche dei danni morali e psicologici che il giovane lavoratore può avere subito.

«Siamo di fronte ad un fatto grave, vergognoso, con uno sfondo razziale pesante. È decisamente il caso più eclatante che ho visto in 20 anni di sindacato», commenta Manuela Trancossi della segreteria provinciale della Cgil di Ravenna. «In Romagna non abbiamo mai avuto situazioni così evidenti di razzismo, probabilmente un caso più unico che raro», ragiona il segretario della Filcams Cgil di Ravenna, Roberto Cornigli. «Quel messaggino è incredibile – continua il sindacalista – il territorio per come lo conosciamo noi non è assolutamente così, i ragazzi di colore sono sempre stati assunti senza problemi, pensi che ormai quasi tre lavoratori su dieci nel settore sono stranieri. Semmai i problemi sono di tipo diverso: lavoro irregolare, paghe che iniziano ad essere troppo basse tanto che alcuni preferiscono ormai cercare lavoro in Croazia, in Spagna o addirittura in Grecia dove sono pagati di più. Ma fino a questo punto no, non siamo davvero mai arrivati».
Il caso di Paolo, reso pubblico dalla Cgil di Ravenna, ha fatto come è giusto muovere anche la politica.

«La Romagna saprà riscattarsi dalla brutta pubblicità fatta dall’albergatore di Cervia, bene ha fatto la Cgil a denunciare, e sono certa che l’associazione degli albergatori vorrà prendere le distanze», commenta la senatrice Pd Francesca Puglisi. «L’albergatore chieda scusa e lo assuma immediatamente. Non si può rifiutare di assumere una persona solo per il colore della pelle. Questo si chiama razzismo», dichiara il deputato di Sinistra Italiana Giovanni Paglia. «Fatto grave che non appartiene alla nostra realtà lavorativa e imprenditoriale, che da sempre si avvale di maestranze provenienti da ogni luogo e da ogni parte del mondo, senza mai effettuare discriminazioni di razza, etnia e di religione», afferma il sindaco di Cervia Luca Coffari.

Paolo ha scelto, in accordo con la Cgil, di non esporsi personalmente. Il perché lo spiega la madre, unica in famiglia a parlare. «Non vogliamo che il caso di mio figlio si personalizzi eccessivamente. Questa è una questione politica, che ci parla di basilari diritti umani che non vengono rispettati, è una questione di principi e di diritti. Al di là del caso specifico, chiediamo che si apra una riflessione, anche sul dibattito pubblico degli ultimi tempi che probabilmente ha fortemente alterato la percezione dei diritti e della convivenza civile in Italia».
Federalberghi Emilia-Romagna invece invita a non fare di tutta l’erba un fascio, fa sapere che «l’imprenditore coinvolto si è da tempo attivato per rimediare all’accaduto» e aggiunge che «più di un albergatore si è proposto di offrire a Paolo un’ opportunità di lavoro nella propria struttura». Una gara di solidarietà che al momento non risulta al sindacato.