Ecco i numeri definitivi ed ecco che come previsto smentiscono il racconto del centrodestra, per il quale toccherebbe a loro fare il primo passo, avanzare la prima proposta – l’hanno già fatta, Berlusconi – fare insomma come si dice i king makers. Con l’elezione dei 58 delegati regionali – ieri gli ultimi sei da Toscana ed Emilia, tutti eletti con il voto elettronico a distanza – il quadro dei 1009 grandi elettori è completo. Il centrodestra (Lega, Forza Italia-Udc, Fratelli d’Italia, Coraggio Italia e altre piccole sigle) conta 452 voti potenziali. Il centrosinistra (M5S, Pd, Leu, +Europa Cambiamo, Centro democratico e altre piccole componenti) mette insieme 441 voti. Siamo lì. E se al centrosinistra si potessero sommare i voti dei 44 deputati e senatori renziani eccolo salire in vantaggio fino a 485 voti. Non ancora sufficienti a eleggere un presidente della Repubblica, nemmeno al quarto scrutinio (servono 505 voti) ma comunque non tanto pochi da farsi dettare l’agenda dagli avversari. Al conteggio manca la non irrilevante cifra di 70 tra deputati e (soprattutto) senatori che non sono attribuibili sulla carta, eredità di una legislatura parecchi segnata dal trasformismo. È il terreno dove ha cercato di andare a caccia, a quanto pare invano, Berlusconi. In ogni caso almeno una ventina di loro sono sicuramente non attribuibili al centrodestra.

Calcoli più o meno identici hanno proposto ieri sia Marco Valbruzzi sul sito della rivista del Mulino che Roberto D’Alimonte sul sito del Sole 24 Ore. In tutti i casi finiscono per spuntare le certezze del centrodestra, che pure insiste, come ha fatto ieri sera in televisione Giorgia Meloni, a dire che «per la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana possiamo giocare una partita da king maker».

Meloni ha detto anche che «sarebbe intollerabile» non far votare i grandi elettori positivi al Covid o in quarantena e che che Fratelli d’Italia «pretende che sia garantito un diritto costituzionale, si può fare nel parlamento con una sala isolata dalle altre». Niente di tutto questo, al momento, è quello che hanno deciso gli uffici di presidenza e le conferenze dei capigruppo di camera e senato. Per la netta contrarietà, soprattutto, di M5S, Pd e Leu, decisi a considerare gli impedimenti da pandemia come assenze ingiustificate e a preservare il principio del voto in presenza nella stessa aula di Montecitorio. Ragione per cui ancora ieri non si sono fatti passi in avanti oltre la decisione sullo scaglionamento del voto, per cui la chiama il 24 gennaio comincerà intorno alle 16:30 e si concluderà, 50 grandi elettori alla volta cominciando dai senatori, alle 19:40 (per lo scrutinio ci vorranno altri 70-80 minuti). Ma è chiaro che una tale rigidità potrà reggere solo se gli assenti previsti si manterranno nell’ordine di una ventina/trentina (media dei precedenti), altrimenti entro lunedì si tornerà sulla decisione.