E’ comprensibile lo sdegno espresso dai musulmani di Israele per il fatto che nel Paese si apra il fuoco verso una persona che si limiti a invocare in pubblico il nome di Allah. Ieri una guardia di sicurezza al Muro del Pianto di Gerusalemme, ha freddato (con una decina di colpi) un israeliano, peraltro un ebreo, che aveva urlato «Allah-u akhbar» (Allah è grande) nei pressi del luogo santo. Qualcuno in Israele ha giudicato l’accaduto un “eccesso di sicurezza”, altri una “reazione comprensibile” di fronte a una frase che talvolta accompagna azioni violente, altri ancora uno “spiacevole incidente”. Fatto sta che Doron Ben Shlush, un ebreo 46enne di origine francese, frequentatore abituale della Spianata del Muro del Pianto e, dice chi lo conosceva, sostenitore del dialogo tra arabi ed ebrei, è stato ucciso con una scarica di colpi solo per aver pronunciato ad alta voce la più nota delle invocazioni islamiche. E a rendere l’accaduto più inquietante è il fatto che la guardia di sicurezza che ha sparato è un israeliano druso, quindi un arabo.

Quando nei pressi del Muro del Pianto ieri si sono sentite le esplosioni di un’arma da fuoco, nei presenti si è diffuso il panico. Molti si sono gettati con la faccia a terra e si sono coperti la testa con le braccia. Quindi sono intervenuti gli agenti di sorveglianza e un’ambulanza. Poco dopo uomo gravemente ferito è stato trascinato all’aperto e sottoposto a disperati quanto inutili tentativi di rianimazione. Accanto a lui, una guardia spiegava: «Ha urlato Allah-u akhbar… poi ha cercato di estrarre qualcosa da una tasca …allora ho sparato». Un “tragico malinteso”. Resta il fatto a dir poco preoccupante che invocare il nome di Dio in arabo è sinonimo di “atto di terrorismo”, persino per un druso.