Primo morto di Ebola in Germania, il terzo in Europa dopo il decesso dei due missionari spagnoli rimpatriati dall’Africa lo scorso agosto: nella notte di martedì è deceduto il medico sudanese di 56 anni che era ricoverato a Lipsia. La vittima era un medico militare, dipendente delle Nazioni Unite, rimasto contagiato nelle scorse settimane in Liberia e trasportato nella città sassone per ricevere le cure necessarie presso la Clinica Sankt Georg. Fino ad ora sono tre in tutto i casi di Ebola trattati in Germania: oltre a quello di Lipsia, si registra un paziente ancora ricoverato a Francoforte e un uomo guarito, e regolarmente dimesso, ad Amburgo.

Una notizia che contribuisce a far crescere ulteriormente l’allarme per l’epidemia, che riguarda sempre di più anche il Vecchio Continente. Le autorità tentano di correre ai ripari: domani si terrà a Bruxelles un Consiglio straordinario dei ministri della sanità dell’Ue, convocato sul problema-Ebola dall’italiana Beatrice Lorenzin, presidente di turno, di concerto con il commissario uscente Tonio Borg. All’ordine del giorno: «Discutere delle procedure di controllo negli aeroporti d’ingresso sul territorio Ue con voli diretti provenienti dalle aree affette dal virus». Misure che, secondo gli esperti dello Ecdc (Centro europeo di prevenzione e controllo malattie, nella sigla inglese), rischiano però di essere inutilmente costose e, soprattutto, inefficaci.

Nonostante le perplessità degli scienziati, controlli sono già iniziati nel principale scalo europeo, quello di Heathrow a Londra: le autorità britanniche non hanno aspettato il vertice dei ministri Ue per cominciare a sottoporre tutti i viaggiatori provenienti dall’Africa occidentale a domande su contatti e spostamenti da parte dei funzionari dell’aeroporto. Non solo: a chi atterra nella metropoli inglese da Liberia, Guinea e Sierra Leone viene misurata la febbre. Misure di sicurezza che verranno estese anche allo scalo di Gatwick e ai viaggiatori che raggiungeranno Londra via treno con i collegamenti da Parigi e Bruxelles.

A Madrid prosegue la lotta per sopravvivere dell’infermiera Teresa Romero, la prima cittadina europea contagiata da Ebola sul suolo europeo, le cui condizioni ieri erano date in leggero miglioramento: secondo i sanitari dell’ospedale Carlos III della capitale spagnola, le possibilità che la paziente possa farcela sono lievemente aumentate. Ieri si compivano infatti quindici giorni da quando Romero accusò i primi sintomi. Un periodo di tempo non privo di significato: secondo i dati scientifici diffusi dai responsabili della clinica madrilena, infatti, dopo due settimana aumentano le probabilità di continuare a vivere.

Nel frattempo la ministra della sanità Ana Mato affronta audizioni e question time in Parlamento (ieri in Senato, oggi al Congreso), cercando di difendersi dall’accusa di avere sottovalutato il pericolo quando coordinò le operazioni di trasferimento in Spagna di un missionario contagiato: su di lei pende la richiesta di dimissioni da parte di tutte le opposizioni. Secondo il quotidiano El País non è escluso che presto venga rimossa dal premier conservatore Mariano Rajoy.

La necessità di «fare di più contro l’epidemia» era stata espressa nella serata di martedì dal presidente Usa Barack Obama, consultatosi telefonicamente con il collega francese François Hollande e il segretario Onu Ban Ki Moon. Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) diffuse ieri a Ginevra, le morti per Ebola sono giunte a 4447, mentre il numero totale dei casi accertati ammonta a 8914. Se il contrasto all’epidemia non verrà intensificato, per l’Oms il rischio è che ogni settimana si contino 10mila nuovi infettati.