Si chiama Eat the rich, gastronomia precaria per l’autodeterminazione alimentare, la mensa popolare di Bologna che mette in rete e coordina le realtà dedite alla produzione di cibo genuino per offrirlo a un prezzo accessibile a tutte le tasche.

Il progetto è nato sotto le due torri proprio per mettere in luce le contraddizioni di una città sempre più votata al turismo gastronomico, emblematiche di una realtà italiana che, promuovendo le cosiddette eccellenze nostrane, rischia di sdoganare i prezzi vertiginosi delle boutique di alimenti genuini, a cui si affiancano e fanno da controparte quelli sin troppo invitanti degli innumerevoli spacci di cibo spazzatura.

Eat the rich improvvisa banchetti in giro per la città e una volta a settimana offre un pranzo a offerta libera presso la Cucina Popolare dello spazio autogestito XM 24 (molto attivo in città e oggi purtroppo a rischio di sgombero), con l’intento di porre l’attenzione sulla provenienza delle materie prime e dimostrare che è possibile dare a tutti la possibilità di mangiare alimenti sani e buoni.

La frutta e la verdura di stagione provengono dai piccoli produttori di Campi Aperti, associazione attiva in città da più di un decennio con numerosi mercati e che ha avuto un peso fondamentale nel diffondere un’agricoltura contadina in difesa della sovranità alimentare in tutta Italia.

La pasta, i legumi, le passate arrivano invece da realtà sparse sul territorio nazionale come la rete Fuori Mercato o la fattoria di Mondeggi, che condividono con il gruppo i contenuti fondamentali: l’utilizzo di prodotti rispettosi per l’ambiente, senza sfruttamento lavorativo e animale.

La scelta di servire pasti vegani gustosi e sempre diversi è un modo per diffondere consapevolezza sulla scelta antispecista, riportando l’attenzione su quella che sappiamo essere una delle principali cause di inquinamento del pianeta: gli allevamenti intensivi.

Il prezzo autogestito, con cui ognuno offre secondo le proprie possibilità, è un modo efficace per innescare il meccanismo del mutualismo e, a partire da un bisogno concreto come quello del mangiare, si cerca di superare la logica del servizio coinvolgendo il più possibile chi frequenta la mensa nella preparazione del pasto.

«Quello che ci interessa dimostrare è che se ci si organizza collettivamente in un gruppo di amici, nonostante le difficoltà della vita frenetica in cui viviamo, e si riscoprono le relazioni con i contadini e i produttori che lavorano al di fuori dei circuiti della grande distribuzione, è possibile fornire un buon pasto a un prezzo equo a molte persone e allo stesso tempo sostenere le piccole economie locali», spiega Matteo, uno dei componenti di Eat the rich.

La relazione di vicinanza con i produttori permette di condividere con loro la scommessa di creare un’economia parallela funzionante e accessibile, conveniente sia per il contadino che per chi consuma, come accade per esempio quando si utilizzano le eccedenze o i prodotti che non potrebbero comparire sui banchi di un supermercato perché fuori taglia.
Il gruppo, in sinergia con una dozzina di cucine popolari sparse per il territorio italiano che formano la rete nazionale «Cucine in Movimento», ha inoltre da poco lanciato un’inchiesta online sul mondo della ristorazione, settore legato al turismo e troppo spesso caratterizzato da assenza di tutele e da orari estenuanti. Attraverso un questionario anonimo da compilare online sul sito di Eat the rich (https://framaforms.org/inchiesta-sul-lavoro-nel-settore-della-ristorazione-1536661042) il sondaggio cerca di fornire dati su una delle occupazioni più precarie, nonostante la passione di chi spesso la svolge.

E’ così che durante la preparazione dei pranzi di Eat the rich la variegata schiera di persone di ogni età e provenienza che si avvicenda ai fornelli rivendica anche la gioia di ritrovare la convivialità che è difficile riscontrare nei posti di lavoro, quella che facilita la conversazione e lo scambio di idee e saperi, lasciando che ci riconosciamo nell’altro e facendo sì che visione critica e quotidiano si incontrino e si concretizzino su un terreno comune.